Palazzo Carafa di Maddaloni di Napoli

E' uno dei palazzi di Napoli1 costruito sugli espropri di suolo per il completamento dell'ultimo tratto edificabile su terra censuata a Via Toledo nella direzione di Capodimonte.

Ha subito importantissime ristrutturazioni che si sono protratte dal 2010 e terminate nella lunga notte del 4 febbraio 2016, restituito a pari dignità delle sue origini con cerimonia solenne lo stesso giorno alla presenza dei coordinatori dei lavori Gamma ingegneria e società, nelle loro persone, Nicola Marchetti e Veronica Vitiello.

Alla cerimonia di consegna dell'immobile restaurato anche la presenza dell'allora sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Fino ad altro evento palazzo Maddaloni è stato l'unico dei palazzi di Napoli a godere dei Fondi 219, classificata quindi come preesistenza immobiliare gravemente danneggiata dal terremoto del 23 novembre del 1980.

I lavori di ripristino dell'immobile sono stati immediatamente avviati all'indomani della promulgazione della Legge Maggio 1981, ma per note condizioni di svantaggio furono sospese nel 2000 per poi riprendere la decorrenza dieci anni più tardi e quindi trovare risoluzione ancora sei anni dopo. La terra su cui sorge il palazzo fu reclamate dal Marchese del Vasto Cesare d'Avalos Gran Cancelliere del Regno ai Monteleone nella persona di Camillo Pignatelli già proprietario dell'omonimo palazzo a piazza del Gesù Nuovo, e, nel 1580 poi dal Monastero degli Olivetani ed infine dall'Arciconfraternita dei Pellegrini nel 15852.

L'immobile oltre ad affacciare per tre quarti su Via Toledo trova maggior visibilità anche allo storico incrocio dell'antica calata della Trinità Maggiore, oggi via di Sant'Anna dei Lombardi, col vicolo Maddaloni, uno dei sette nomi di Spaccanapoli.

Caricato di ciglioni e finestre e dalle bizzarre forme architettoniche impegna non poco uno dei residui spazi liberi nell'area del complesso Spirito Santo, area da sempre dominata dalle proprietà clericali della vicinissima chiesa del Gesù Nuovo e dell'area detta anche del Biancomangiare antichissimo agrumeto di proprietà delle monache clarisse che oggi vivono nell'omonimo monastero ma all'epoca insediavano il l'attuale basilica aulare di Santa Chiara a Via Benedetto Croce.


Presentazione breve del palazzo Maddaloni.

E' completato da un lotto triangolare che in quel punto esatto è occupato in seguito dal Palazzo Doria D'Angri3, squisita struttura vanvitelliana con ingresso che guarda nella direzione di piazza Dante Alighieri

  • Si trova in linea retta con la via del mare e soprattutto in contro ordine ai pubblici accessi alla scenografica facciata armoniosa della chiesa di San Nicola alla Carità ed al Palazzo dello Spirito Santo dei Poveri Vergognosi ad esso più vicino. Risulta esser il più rappresentativo stabile delle residenze barocche napoletane, inquadrato in quella più ampia edilizia nobiliare a seguito del Risanamento della città di Napoli voluto dal viceré Pedro de Toledo e del suo piano di eccellenza dell'area di espansione dell'edilizia nobiliare ad Occidente, mediante l'uso intelligente di spostare le linee delle mura della città in direzione del versante collinare. Il portale di questo palazzo risente del singolare incontro poietico tra il committente, indubbiamente il Diomede Carafa dei Maddaloni e l'architetto Cosimo Fanzago naturalmente entrambe reduci di un'esperienza segnalata negativa dalla cronache storiche e che comunque vanno al di fuori della loro stessa comprensione di cui possiamo immaginare si siano sentiti vittime innocenti l'uno delle scorribande terribili scoppiate in città nel nome di Masaniello, l'altro dalle minacce di morte ricevute negli anni in cui lavorò all'epitaffio del Mercato. Ma il Palazzo medesimo principalmente nel suo portale non può che essere determinante nella definizione di un'opera che assume l'aspetto di una vera e propria macchina celebrativa, da collocarsi nella piena maturità artistica di Cosimo Fanzago dopo la sua forzata esperienza romana e quindi va scartata l'ipotesi che possa essersi trattato di un lavoro giovanile dell'architetto dato per certo solo per la presenza al piano attico di ampie e sagomate cornici di stucco che fingono finestre più o meno come accade al Monastero delle Benedettine di Pescocostanzo. Anche perchè la mano dell'architetto Cosimo Fanzago nel Palazzo Maddaloni Carafa di via Toledo a Napoli va individuata solo ed esclusivamente nel portale e nella loggia.

Il palazzo Carafa come testimonianza del genio di Cosimo Fanzago.

Il Palazzo, specie nella sua ricchissima e sfarzosa facciata è oltre ogni ragionevole dubbio il documento del riconsolidato potere di entrambe le persone testè citate: Diomede Carafa e Cosimo Fanzago. Esso è Il manifesto più evidente della loro collocazione sociale.

  • Due pilastri appartengono alle tre arcate nel cortile; un pilastro a sinistra in corrispondenza della scala Garzilli, aggiunta alla fine del Settecento; tre pilastri a destra, di cui il primo allineato al suo corrispondente di sinistra, gli altri due son quelli della scala principale. Nella veduta Baratta il cortile rappresentato è quello primitivo all'ammodernamento del Palazzo ad opera sempre di Fanzago così pure gli esigui spessori dei blocchi di fabbrica vanno riferiti al primitivo impianto. Quest'immobile assieme al Palazzo Firrao a Via Costantinopoli dove per altro il suo intervento va adeguatamente ridimensionato, si contraddistinguono da tutte le altre opere dell'architetto Fanzago come soli ammodernamenti di facciate cinquecentesche principalmente per la sola aggiunta postuma del bugnato. La loggia del palazzo segna il Punto Uno della gerarchia decorativa di tutta quanta la fabbrica dove l'ornamento si caratterizza per una matura sperimentazione del repertorio passando come è evidente all'occhio da una decorazione sovrabbondante del portale ad un impiego essenziale degli stucchi nella loggia e nella scala, in verità rimasti pochissimi; in una prosecuzione del vestibolo gli interni del palazzo intendono una decorazione del tutto sommaria e anche ripetitiva di schemi già visti altrove con motivi fortemente classicheggianti; è chiaro che nella sistemazione scultorea degli interni del palazzo Maddaloni, l'architetto ha abbandonato le invenzioni di cui fu genio in molte sue opere.

Le facciate del palazzo ed i materiali impiegati.

I Portali nell'architettura tardo cinquecentesca dell'Italia meridionale pensata per le città più popolose e densamente abitate hanno tutti un simile carattere di esser ampi in larghezza per consentire il facile movimento delle carrozze ed in altezza per creare un effetto scenografico sul cortile.

  • Per quanto riguarda il Palazzo Maddaloni il portale dà su uno stretto vicolo e ne soffre così scrive il Fogaccia4. L'effetto profano della facciata liturgica del portale della chiesa della Sapienza l'avvicina fortemente alla loggia del Palazzo Maddaloni dalla quale appunto si differenzia per la diversità dei materiali impiegati: il piperno nelle strutture portanti, mattoni in quelle di riempimento, marmo chiaro nelle arcate, nelle colonne, nei capitelli, nella balaustra e negli intarsi marmorei. Gli esiti di questo portale si riscontreranno solo nel Palazzo Sangro di Bartolomeo Picchiatti dove il bugnato diventa una colonna e nei palazzi Bisignano e Pignatelli d Monteleone entrambe opere di Ferdinando Sanfelice; assai più contenuti gli altri due portali opere di Cosimo Fanzago: il portale del Gesù Vecchio oggi sede della Biblioteca Universitaria e quella del Palazzo Zevallos Stigliano già ultimato nel 1647 quando Cosimo Fanzago si trovò a lavorare per una sede iscritta ai registri non su via Toledo, ma nella via della Concezione per la presenza sul posto di una chiesa distrutta e scomparsa sacra a Santa Maria della Concezione.

La Sala Maddaloni e la Loggia del palazzo.

Per la “Sala Maddaloni”, in realtà si tratta di una galleria da ballo,

  • pavimento a quadroni e soffitto di tela con eccellenti dipinture simboleggianti scene di vita campale, i dati significativi giungono dalla lettura del Parrino che testimonia la presenza di una galleria nuova fatta sistemare dal Duca D. Carlo e Catalani che ne puntualizza anche la collocazione rispetto alla loggia, mentre dall'archivio Garzilli risulta addirittura lustrosamente pavimentato il piano nobile di riggiole, le stesse ottenute con materiale lavorato nelle fabbriche regio meridionali con le quali si è adornato tutto per intero il monumentale chiostro di Santa Chiara. Risultante altresì documentato il rivestimento di mosaico le due fontane nella loggia. Le facciate denunciano nel loro stretto insieme più momenti nella realizzazione delle stesse: su via Senise, i ripensamenti son troppo evidenti nella disparità dei motivi ornamentali e nella mancanza della simmetria tra gli stucchi ed i vani preesistenti. Mentre invece più coordinate tra loro appaiono le facciate su via Maddaloni e su via Toledo. L'angolo via Maddaloni-via Toledo, il passaggio da una strada all'altra viene risolto con l'alternarsi dei timpani: rettilineo su vicolo Maddaloni, curvilineo il primo su via Toledo. Quest'ultimo, solo apparentemente in virtù dell'idea di rendere i triglifi in funzione di capitelli, si osserva come fosse più contenuta la sua stessa decorazione. Mentre su via Maddaloni come è chiaramente visibile vi sono mensole sinuose che inquadrano un fastigio centrale con la stella ad otto punte raccordate. La facciata su via Toledo è alleggerita dalla presenza del terrazzo, mentre la continuità del partito decorativo è affidato all'allineamento dei pilastri della balaustra rispetto al motivo culminante dei timpani sui balconi. L'ultimo piano del Palazzo risulta ampiamente illustrativo dell'intero intervento: la griglia tardo cinquecentesca è ancora integra e così pure le paraste con le cimase, le quali, già prolungate nei piani inferiori si arrestano alle cornici lasciando intravedere palesemente l'indebita sopraelevazione dei vani originari. Anch'esso come tutte quante le altre residenze storiche di via Toledo nasce in coerenza con la politica edilizia del vice regno di mantenere vive ed attive le relazioni sostenute col clero da parte delle famiglie nobiliari più spesso tra loro imparentate secondo un sistema di protezioni molto efficace e di favori e di donazioni che hanno giocato un ruolo decisivo nella scelta degli investimenti ad ogni modo sottratti alle case e ai palazzi con i servizi adeguatamente offerti invece alle insule conventuali. Il Palazzo Maddaloni allo Spirito Santo è di fatto il risultato finale della prospettiva politica mirata soprattutto all'insediamento di spazi liberi a ridosso della collina di Sant'Elmo e più propriamente del quartier Pontecorvo specialmente alla partenza definitiva da Napoli dei Pontecorvo e degli Spinelli, i quali da soli hanno contestualizzato decenni e decenni di controversie e trattative infruttuose con gli Ordini religiosi solo per proteggere il loro isolamento a differenza dei nobili del rinascimento napoletano che invece gli stessi spazi vollero destinarli a residenza privata5.

Il palazzo Maddaloni e la turbolenta vita del suo unico proprietario.

L'attuale via Tommaso Senise, a meno di piccole rettifiche, si sostituisce cambiandone solamente il nome in vico Carogioiello e tra questo e la piazzetta Monteoliveto trovasi uno scorcio del Palazzo d'Avalos equidistante al Palazzo Maddaloni6

  • Dalle testimonianze raccolte e suggerite dal Colombo è chiaramente detto che il Palazzo d'Avalos era già stato costruito allorché le sedi del Palazzo Maddaloni vennero rettificate nelle tipologie attuali7; secondo il Colombo più tardi e non oltre la data del 1648 il palazzo d'Avalos passa di proprietà al Duca di Maddaloni Diomede Carafa, già proprietario di un palazzo alla Stella alla sola età di sei anni.  Un tipo violento, superbo, un soverchiatore, inviso ed odiato; il De La Ville non trova citazioni più edificanti che di un feudatario di alto rango che si macchia di delitti contro i suoi vassalli senza esser di fatto perseguitato8, conseguenza estrema del baronaggio di quei tempi nella giurisdizione locale e nella gestione degli affari di Stato. Arrestato durante le sommosse di Masaniello, riesce ad organizzare una spedizione che è piuttosto da considerarsi una rivendicazione di popolo composto di circa cinquecento mascalzoni al soldo del Duca e nelle lotte tra Campo Moricino e la chiesa chiusa di Santa Marta dei Durazzo resta ucciso il Duca Giuseppe Carafa, mentre Diomede e il Priore della Roccella, dati per spacciati, riescono a scappare9Il Diomede Carafa dei Duchi di Maddaloni torna nuovamente in città a rivolta sedata nel 1650; si rifiuta di risiedere alla Stella e permuta quella proprietà col mercante fiammingo Gaspare Roomer, legittimo proprietario del Palazzo Maddaloni nella sua fase storica per niente documentata, durante la quale è verosimile credere che abbia approntato significativi miglioramenti alla residenza. Solo e soltanto nei disegni del Niccolini in particolare nella Veduta del trasporto delle spoglie mortali di Sua Maestà Ferdinando I dal palazzo Reale alla cappella San Tommaso in Santa Chiara a Spaccanapoli e databili 1826 dallo scorcio di facciata, è visibile l'allineamento dei balconcini del Palazzo Maddaloni nella sua veste quanto meno tardo secentesca.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Il *Palazzo Maddaloni allo Spirito Santo / Gaetana Cantone. - Napoli : Regina, 1979. - 63 p., [21] c. di tav. : ill. ; 27 cm ]
(2) [ *Architettura e urbanistica del Rinascimento. - Napoli : Soc. storia di Napoli, [1974] (Cava dei Tirreni : di Mauro). - P. 317-446 : ill. ; 31 cm. ((In cop.: Architettura e urbanistica del Rinascimento napoletano. - Estr. da: Storia di Napoli, vol. 4.; vedasi anche L'*Arciconfraternita della SS. Trinita dei Pellegrini in Napoli / G.C. Alisio ...[et. al]. - Napoli : Editoriale Scientifica, [1976]. - XI, 322 p. : ill. ; 29 cm. ]
(3) [Il *Palazzo d'Angri : un'opera napoletana fra tardobarocco e neoclassicismo / Maria Raffaela Pessolano. - Napoli : Societa editrice napoletana, 1980. - 130 p. : [16! c. di tav. ]
(4) [Tutte l'opere d'architettura et prospettiva [! ]... dove si mettono in disegno tutte le maniere di edificij, e si trattano di quelle cose, che sono piø necessarie a sapere gli architetti... . - In Vinegia : presso gli heredi di Francesco de' Franceschi, 1600; vedasi anche: Architettura civile : libri sesto settimo e ottavo nei manoscritti di Monaco e Vienna Sebastiano Serlio ; a cura di Francesco Paolo Fiore ; premesse e note di Tancredi Carunchio e Francesco Paolo Fiore. - Milano : Il polifilo, [1994]. - LI, 662 p. : ill. ; 27 cm. ISBN 8870501051 BNI 95-3221 Collana Classici italiani di scienze tecniche e arti. Trattati di architettura ]
(5) [cfr, G. Cantone Chiesa e convento di San Giuseppe delle Scalze, in “Napoli Nobilissima. Vol. VI del 1967 pagg. 144-52 e s.a.,” I Conservatorii dell'imbrecciate di Gesù e Maria, in “Napoli Nobilissima Vol. VII 1968 pag. 212]
(6) [ A. Colombo, op. cit., parte II, pag. 28, da processo 19428, testimonianze di G. Dom. de Maczeo e Lucio d'Elia del 4 e 5 luglio del 1585.]
(7) [Il *sobborgo napoletano della Pignasecca e l'insula dello Spirito Santo: ricerche di storia urbana / Teresa Colletta. - Napoli : Società Napoletana di Storia Patria, 1976. - P. 146-184, [18] c. di tav. : ill. ; 25 cm. ((Estr. da: Archivio Storico per le Province Napoletane, ser. 4., v. 14. (1975).] e nella morfologia urbana che ne ha segnato per circa duecento anni le sue più significative stratificazioni storiche.[La *strada di Toled/ Antonio Colombo. - Trani : V. Vecchi, 1895. - 121 p. ; 23 cm. (( Estr. da: Napoli Nobilissima, vol. 4., fasc. 1. e seg.].
(8) [L. De La Villke Sur-Yllon, Il palazzo dei duchi di Maddalonialla Stella, in “Napoli Nobilissima”, vol. XIII 1904 pag. 146]
(9) [: De Frede I tumulti del 1647 in un poemetto del tempo, in “Il Fuidoro”, nn 1-2 1957 pag.18. Vedasi anche: *Teatro eroico e politico de' governi de' vicerè del regno di Napoli dal tempo del re Ferdinando il Cattolico fino al presentenel quale si narrano i fatti più illustri e singolari accaduti nella città e Regno di Napoli nel corso di due secoli ...di Domenico Antonio Parrino, in Napoli : nella nuova stampa del Parrino e del Mutii, 1692-1694. - 3 v., 66 c. di tav. : ill., 1 c. geogr. ripieg., 2 c. geogr. ripieg., 58 ritr., 3 antip. ; 15 cm. (( V. 1-2: 1692 ; v. 3: 1694 . Autore Parrino, Domenico Antonio <1642-1708> Parrino, Domenico Antonio <1642-1708> Luogo pubblicazione In Napoli Editori nella nuova stampa del Parrino e del Mutii Anno pubblicazione 1692 - 1694 ]