Cappella dei Borbone a Santa Chiara Napoli

E' l'ultima cappella in cornu epistolae della basilica dei Frati Minori1 di Santa Chiara Vergine a Spaccanapoli. Nell'area subito dopo sta il sepolcro di Re Roberto, alle spalle dell'altare maggiore, un locale attiguo immette al chiostro maiolicato.

E' la più importante opera funeraria progettata per esser realizzata negli spazi all'aperto del chiostro ogivale dei Frati poi ripensata in altro ambiente ed ovvero nello stesso spazio dentro il quale, vennero diretti i funerali delle maestà di:

  • Ferdinando I,
  • Francesco I,
  • Maria Cristina
  • e Maria Isabella1bis.

La Cappella è dedicata a San Tommaso Apostolo2 a partire dalla metà del Settecento, prima d'allora fu sacra a San Ludovico d'Angiò3.
Oggi meglio nota come la Cappella dei Borbone4, ancora caratterizza la scelta di accogliere la sepoltura dei Sovrani e dei Principi della Casa Borbone delle Due Sicilie, sepolti nell'ipogeo della stessa Cappella5,  che è e resta un omaggio, va aggiunto, alla memoria di Carlo, Duca di Calabria, che nel lontanissimo 1326 ivi venne a seppellirci la figlia Luisa, morta a meno di un anno di età e sepolta una notte di quell'anno in una nicchia terragna nella grandiosissima chiesa basilicale, che, suo padre, Re Roberto, stava facendo costruire.


Storia breve della cappella dei Borbone prima dei Bombardamenti del 1943.

A parte il coro dei monaci situato sul nartece della Basilica di Santa Chiara crollato il giorno dei bombardamenti e mai più ricostruito perché non originario alla struttura, ma edificato sul finir del XVI secolo6 esiste ancora la scala che porta al convento ed i corridoi grande e piccolo.

  • Mentre, la comunicazione col chiostro dei frati, dalla Cappella San Tommaso, è stata murata nel 1938 e la porta che introduce alla sacrestia è rimasta così com'era situata negli anni precedenti alla distruzione della Basilica. Quest'ambiente, quindi, assieme a pochi altri del restante complesso venne risparmiato dalla furia bellica sommatasi nei bombardamenti del 4 agosto 1943; pur tuttavia, solo fino ad allora, in questa Cappella si vedevano ricavati in alto nella parete di destra i loculi racchiudenti i resti delle cinque principessine nate da Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia.

Esse sono: 

  • "Maria Giuseppa Antonia, morta nel 1742,
  • Maria Elisabetta Antonia, morta lo stesso anno,
  • Maria Elisabetta Anna, morta nel 1749,
  • Maria Teresa Anna, morta un anno più tardi,
  • Maria Antonia Giovanna, morta nel 1755"
  • ed i resti del figlio diseredato "Filippo morto a soli trent'anni", con ai loro piedi "l'urna funebre della Venerabile Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie.
  • Alla sua sinistra, in grande esposizione, emergeva dalla parete il sepolcro fatto erigere da Carlo III, Re di Spagna, in luogo di accogliere la salma del figlio diseredato, il Principe Filippo. Appena un giorno prima la fatidica data del bombardamento aereo, sui ballatoi della Basilica, messe in fila l'una dietro l'altra, correvano ventinove casse mortuarie di ottima fattura, sacri reliquiari dei Sovrani regnanti della casata Borbone, tutte quante distrutte per sempre dalle bombe cadute sull'edificio. Dette casse, si legge dal registro del Duca di Castro7, vennero personalmente visitate dall'Imperatrice del Brasile, D. Maria Teresa di Borbone8 negli anni Settanta dell'Ottocento e dalla Principessa Isabella Contessa d'Eu, sua figlia, circa un quinquennio dopo essersi sincerata che, nel vano ove venivano ospitate le tombe di famiglia, qualcuno era comunque riuscito a penetrarvici nonostante fosse stato addirittura murato in sostituzione di un cancello in ferro battuto posto precedentemente a sbarrare il passo, ma oramai, divenuto più che praticabile. Ripristinata la basilica dieci anni dopo il triste evento della distruzione, nel 1958 la Sopraintendenza ai Monumenti per la Campania accolse il desiderio di Ferdinando Pio di Borbone, Duca di Calabria e della Reale Deputazione dei Cavalieri del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio a provvedere per la giusta e definitiva sistemazione in Santa Chiara delle Spoglie di tutti i sovrani della real casa dei Borbone.

Le sistemazioni diverse delle casse da morto dei Borbone.

Esistono due e più progetti di sistemazione delle casse da morto e della Cappella funebre dei Borbone tra i più significativi si ricorda:

  • il progetto di Gaetano Genovese comprendente la brillante idea mai realizzata di accorpare parte della sacrestia del Monastero con la Cappella, diversamente dal progetto Gavaudan, che, richiamandosi al progetto dello stesso Genovese, riuscì a realizzarlo solo in parte disegnando una scala d'accesso all'ipogeo con ingresso scenografico non dalla sacrestia ma dall'accosta cappella. Le intenzioni del Gavaudan restarono però soltanto disegnate e ne seguì ancora un altro di progetto di decorazione e sistemazione delle salme in un ambiente congeniale alle loro signorie, quello del Niccolini, che ad ogni modo un minimo di seguito l'ottenne in luogo di aver rinnovato il linguaggio architettonico di stampo classicista con opere di ampio repertorio per altre chiese napoletane, collocate con eleganza e rispetto all'armoniosa cura del dettaglio che prevalse sulla ripetizione dei canoni.  Tuttavia non resta altra traccia del progetto Niccolini a parte le tavole del progetto di sistemazione realizzate in disegno policromo in esposizione al Museo di San Martino di Napoli9.  L'entrata in guerra dell'Italia fece sospendere ogni iniziativa circa la decorazione plastica della Cappella Borbone ed incessante il prolungarsi del conflitto ed il pericolo reale che il complesso di Santa Chiara potesse esser requisito destarono non poche apprensioni circa la sorte che sarebbe toccata alla casse da morto e a quel poco di accortezza che venne tenuta fino a quel momento per i reperti archeologici. Così rilevata l'emergenza venne sortita giusta attenzione dal conte Enrico Caracciolo al Conte di Caserta, il quale, saputo dall'amico Principe di Belmonte Granito, di una trattativa in atto tra lo Stato ed il Fondo per il Culto in Napoli appoggiato anche dal frate guardiano del Monastero di quegli anni e cioè di cedere gran parte dello stabile per impiantarvi sul posto un ricovero per i mutilati di Guerra. Il Conte medesimo, assecondato sembra dal potere enorme del Cardinal Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte, accogliendo il suggerimento del Caracciolo sollecita diplomatico Sua eminenza il Cardinal Pietro Gasparri allora segretario di Stato Vaticano di indirizzare all'attenzione di Sua Santità Benedetto XV supplica scritta di suo pugno con la quale prega e spera di ...interporre l'autorevole parola del pontefice massimo nell'affare della compravendita dell'immobile sacro ai Francescani come ai Borbone per le salme di nobile schiatta ivi custodite, onde venisse scongiurato un sì doloroso inconveniente10. Al trambusto tra i potentati piccoli e più o meno piccoli ne seguì una nota precisa del Mauri Mori mandato sul posto a sistemare i feretri capitati in un turbinio infelice di collocazione chiarito in una lettera spedita allo Spinazzola, con la quale, l'ingegnere scarta tutte le cappelle della chiesa di Santa Chiara prima perchè troppo piccole per contenere un numero così grande di feretri oltre alla condizione piuttosto evidente che ognuna di queste espone già da secoli un'urna di ragguardevole importanza comunque. Fatto sta però, si legge dal documento, che l'ingegnere tuttavia non volle in alcuno modo non rispettare la volontà dei sovrani di esser sepolti in chiesa e non fuori, quindi pensa di par suo di sistemare le diciassette salme in tre coretti al di sopra delle cappelle di destra del tempio e al di sotto degli ampi finestroni che affacciano nel chiostro, di modo che i Principi troveranno con spesa lieve per i Frati una decorosa sistemazione che si sarebbe dovuta comunque rendere al di sopra di ogni spirito di parte per un senso di semplice umanità, ripugnando ogni atto di nobiltà che lasciasse queste povere casse giacere ancora insepolte ammonticchiate l'una sull'altra11.

La sistemazione definitiva in Santa Chiara dopo i bombardamenti.

La sistemazione definitiva delle Casse mortuarie dei regnanti di Casa Borbone al Monastero di Santa Chiara è avvenuta dopo gli eventi bellici che hanno visto la Basilica cadere al suolo sotto le bombe alleate.

  • Fu poi ricostruita per interessamento soprattutto di Umberto di Savoia Principe di Piemonte che ha dato mano alla ricostruzione presiedendo la Commissione istituita all'indomani della fine degli aspri bombardamenti; alle ricognizioni la Sua Signoria ha dato comando che fosse fatto completo rapporto sui danni subiti alla struttura delle Casse Reali a quel tempo sistemate sui passeggiatoi aerei della navata e, a partire dal quale, si sarebbe poi dovuto decidere dove e come collocare le Casse. E' d'aggiungere che durante il decennio della ricostruzione totale dell'edifico sacro le salme dei Borbone di Napoli, stante gli atti trascritti dal professor Bruno Molajoli, il Conte Castracane, il Marchese Spinelli ed il dottor Autieri, riposarono nelle Cappelle palatine della chiesa basilicale di San Francesco da Paola in piazza del Plebiscito e dalla perduta documentazione apocrifa si evince che le sole Casse del Principe diseredato Filippo e della Principessina Maria Elisabetta vennero temporaneamente collocate a San Ferdinando di Palazzo in piazza Trieste e Trento. Molte lustre e simulacri vari della Casa Reale dei Borbone vennero di seguito rinvenuti stipati nelle cappelle della chiesa di Santa Brigida di Svezia, al Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone. Quindi avanza il progetto finale il Conte Riccardo Filangieri di Candida Gonzaga assieme alla volontà del Duca di Calabria di rimettere insieme i pezzi di una faccenda scoppiata; fregi e ornamenti vari dispersi qua e là nel circuito delle chiese napoletane dentro e fuori la Regione, anche quelle chiuse, repertati o non, con le salme custodite nelle poche basiliche del perduto Regno delle Due Sicilie che le ospitarono durante la fase del passaggio del Paese da uno Stato Reale alla Repubblica di Sovranità Popolare. Il Duca di Calabria a sua volta rispondendo al Conte Barberino accoglieva la graziosa idea di ripristinare l'area all'interno dell'edifico sacro del Monastero di Santa Chiara e senza alcun documento sembra sia fatto vero che addirittura il pensiero di rimettere le Casse Reali sul serio nell'ipogeo della cappella San Tommaso a Santa Chiara piacque a Ferdinando di Borbone, che 1955 ordina e comanda lo scavo e la travatura della stessa area sottostante alla Cappella medesima facendo attenzione di raggiungere la quota di tre metri al di sotto del piano di calpestio. Ed in effetti è così: si è ottenuto un ambiente sepolto di 5 metri x 4 x 3 nel quale ci vennero realizzati 32 loculi in muratura; le pareti del sepolcreto furono rivestite con lastre di marmo e, a chiusura dei loculi, furono poste delle lapidi recanti il nome del rispettivo defunto. Il piano di calpestio della cripta fu pavimentato con lastre di marmo e, a copertura dell'ambiente, fu costruito un solaio in ferro battuto e laterizi al centro del quale è stata ricavata la botola d'accesso dalle timide dimensioni di un metro per un metro e dieci. Nel preesistente pavimento della Cappella venne aggiunto lo stemma del casato Borbone con dimensioni assai ridotte ma comunque enormi per l'aggiunta di altre due piccole lapidi laterali sulle quali si trovano incisi i nomi dei defunti. Il 28 marzo 1958 alle 18:00 la traslazione delle salme dal San Francesco di Paola a piazza del Plebiscito al Monastero di Santa Chiara, in forma privata, con tanto di esercito e di chierichetti a far corteo; appena un'accennata regia solennità; onore ed omaggio dai dipendenti del vicinissimo Istituto Italiano degli Studi Storici Benedetto Croce al Palazzo Filomarino Della Rocca; nella ressa borbonica, durante il giro di rito che videro le casse momentaneamente accolte dalla fraternità francescana nella Sala degli Arazzi al monumentale chiostro maiolicato anche i rappresentanti della dinastia Tixon per la Serenissima veneta al Palazzo San Marco di Gaspare Capone. Alla presenza dell'unico, umile Francescano padre Guardiano del Monastero, che allo stesso modo di come gliene comandava il rito ha vestito i Sacri Paramenti e appresso al regio parroco palatino monsignor D'Alessandro ha dato l'assoluzione alle Casse una volta scoperchiate dagli involucri di rame ed adagiate nei loculi; il tutto è durato circa due ore e mezza e per tutto il tempo c'è stato chi sul posto si è preoccupato di monitorare l'evento coi pochissimi mezzi a disposizione della comunità fatti forte comunque d'aver trascritto ogni cosa come meglio si è convenuto. Il giorno appresso, alle ore 13:00 fu murata la lastra di marmo a chiusura della camera sepolcrale, su cui venne poi realizzata per mano dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze e superiormente allo stemma una lapide reca incisa l'inscirzione:

”Utriusque Siciliae Regum et Principum ex Borbonia Prosapia Exuviae post collapsum hoc templum recuperatae hypogeo hoc noviter condito pie depositae sunt IV Kal APR MCMLVIII.
 

Spazio note

(1) Libereamente estratto da: IL *pantheon dei Borboni in Santa Chiara di Napoli / p. Gaudenzio Dell'Aja francescano. - Napoli : Giannini, 1987. - VIII, 444 p., [4] c. di tav. : ill. ; 30 cm.
(1bis) L'ultima delle cerimonie pontificali avvenne il giorno 25 gennaio del 2014, in occasione della solenne celebrazione di beatificazione di Maria Cristina di Savoia, divenuta Regina delle due Sicilie, nata Savoia, finita in sposa come prima moglie a Ferdinando II di Borbone, vissuta e morta in odor di santità, ed ivi sepolta. Il dispositivo per la concelebrazione fu apparecchiato per gli eminentissimi Cardinali, l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, Angelo Amato, Prefetto per la Congregazione dei Santi, e Renato Martino, Gran Priore dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio. Presenti sul posto i discendenti dei Borbone del Regno delle Due Sicilie, le loro maestà, i Principi Carlo e Camilla, ed i rappresentanti del ramo spagnolo della famiglia, Don Pedro e Don Jaime, il Principe Amedeo d'Aosta e la Principessa Gabriella di Savoia, oltre alla persona del capo della Casa Reale del Portogallo, Dom Duarte Pio di Braganca, e Principi della famiglia Asburgo. Estratto da: Il Mattino di Napoli, copia del 25.01.2014; documento rimosso dalla consultazione pubblica. La nona delle sale musealizzate di Palazzo Reale a Piazza del Plebiscito, che dal 1921 a cura del Servizio Educativo della Sopraintendenza B.A.P.S.A.E. realizza il percorso delle sale è stata dedicata alla figura della regina Maria Cristina di Savoia.
(2) Nel 1914 il francescano Bonaventura Carcano da Varese vicario del Monastero di Santa Chiara definì la sistemazione delle tombe dove oggi si trovano a testimonianza, dichiara il Gaudenzio Dell'Aja, esiste una lettera indirizzata il 23 febbraio 1914 dal Duca Giustiniano Tomacelli al Conte di Caserta D. Alfonso di Borbone]
(3) [ASN, Casa Reale Inv. IV amm vol.1492: Cerimoniali della gran Corte di Napoli, lib. II dal 1734 al 1760 pag. 402]
(4) Gaudenzio Aja...notizie relative a Maria Sofia consorte di Francesco II di Borbone annali di Monaco di Baviera, all'Erzbischòflischès Matrikelamt sicchè quindi anche al Bayerisches Hauptstaatsarchiv ed ancora al Wittelsbacher Ausgleichsfonds ed alla Verwaltung des Herzog von Bayern
(5) [Al di là della cappella ove son sepolti i famigliari Carlo III esiste un ambulacro non accedibile direttamente se non per mezzo di tre scalini che portano ad un vano detto anche singolarmente la Cappella dei depositi ove effettivamente giacciono in attesa di sistemazione più consona i simulacri di Sua Maestà Francesco I Re delle Due Sicilie, morto l'8 novembre 1830, di Sua Maestà Ferdinando II, Re delle Due Sicilie, morto il 22 maggio 1859, di Sua Altezza Reale la Principessa D.a Maria Isabella Leopoldina Amalia figlia del Principe D. Luigi Borbone, Conte d'Aquila morta il 14 febbraio 1859; di Sua Altezza Reale il Principe D. Vincenzo Maria, Conte di Milazzo, figlio di Ferdinando II, morto il 13 ottobre del 1854, di Sua Altezza Reale la Principessa D.a Maria Isabella Leopoldina Amalia figlia del Principe D. Luigi Borbone, Conte d'Aquila morta il 14 febbraio 1859; di Sua Altezza Reale il Principe Alberto Maria, Conte di Castrogiovanni, figlio di Ferdinando II, morto il 12 luglio 1844, di Sua Altezza Reale il Principe D. Giuseppe Maria, Conte di Lucera, figlio di Ferdinando II, morto il 29 settembre del 1851 e la cassa ormai vuota in cui un tempo giaceva la Venerabile Serva di Dio Maria Cristina di Savoia, moglie di Ferdinando II, morta il 31 gennaio del 1836]
(6) [ cfr Dell'Aja G. opera citata pp 95, 101-105]
(7) [ADC, fascio X, 25; su tale documento si legge scritto a matita: Parigi, 16 novembre 1880]
(8) [Il Giornale di Napoli 7 febbraio 1877 in seconda pagina nella Cronaca Cittadina]
(9) [Museo di San Martino di Napoli inv. 7890, 7891, 7892a, 7892b].
(10) [ADC fascio X, 25, minutadella lettera del 31 marzo 1917]
(11) [lettera scritta dall'ingegner Giovanni Mauri Mori il 21 novembre 1921 in ASBAAN fascio XV/310-b]