Chiesa Santa Maria della Mercede Napoli

E' una delle chiese appartenenti all'Ordine dei Padri Mercedari di Napoli, i medesimi che un tempo governarono anche l'altra chiesa mercedaria di Sant'Orsola con facciata aperta su Via Chiaia.

Santa Maria della Mercede è sita nel largo detto di Montecalvario, alle spalle della monumentale chiesa dell'Immacolata Concezione alla sommità della via che un tempo prendeva nome dell'Imbrecciata oggi via Concezione a Montecalvario.

Santa Maria della Mercede è sita un piazzale inglobato dagli edifici circostanti sorti tutt'intorno e che la isolano dall'area visibile, ma che, alla topografia, risulta esser la piazza più grande di tutti i Quartieri Spagnoli dove si trova.

E' questa la chiesa che anticamente ospitava i locali messi a disposizione dal Presidente della Real Camera della Sommaria Pompeo Battaglino a beneficio del popolo napoletano per l'uso e la devozione della pia pratica dei Misteri pasquali meglio noti poi come la "Pocessione del Battaglino".


Si presenta a croce greca, navata unica, volta a botte e cinque cappelle laterali per lato.

Sopra il transetto, affiancato da due grandi cappelle laterali, una per ogni suo lato, è impostato il tamburo sul quale si alza la cupola chiusa da una lanterna.

  • Un certo Gennaro Schiavo, così come si legge da due lapidi poste nel presbiterio, diede mano ad un primo restauro decorativo del 1677 di cui oggi resiste ancora lo stupendo altare maggiore e le due acquasantiere di chiaro, evidente stile fanzaghiano. Vicario episcopale di questa chiesa fu anche il sacerdote Domenico Zangari, che dopo la Seconda Guerra Mondiale riordinò un fondo librario privato di interesse delle opere calabresi e donato alla alla Biblioteca Nazionale di Napoli, primo piano dell'ala ovest di Palazzo Reale, oggi in custodia alla Sezione Napoletana. Il restauro invece che ha dato l' impronta definitiva alla chiesa così come si presenta tutt'ora è datato fine anni trenta del '700 e ad esso risultano attribuiti gli stucchi alla bottega di Domenico Antonio Vaccaro insieme all'organo posto sopra la porta, sul quale compare la data 1858 riferibile si suppone all'anno in cui vennero ancora una volta restaurati gli ambienti coincidenti ai lavori di ristrutturazione documentati dalla lapide dell'acquasantiera a sinistra. L'abside è stata profondamente danneggiata durante i tristi tre giorni dei bombardamenti aerei dell'aviazione americana a caccia dei tedeschi che nelle chiese napoletane trovarono rifugio prima della grande fuga in patria nel 1943; invece è originale il pavimento in maiolica di stile neoclassico.

Gli ultimi restauri forse i primi a stabilire la forma attuale della chiesa risalgono al 1991.

Per riparare seppur con evidente e desolante ritardo ai danni causati dal sisma del 1980.

  • Durante i lavori di restauro emersero un gran numero di elementi architettonici sepolti sotto la coltre di altre stratificazioni artificiali; una struttura portante in pilastri di piperno grigio che anticamente dava al tempio un'impronta eccezionalmente diversa e significativa. Eccezionale e di grande qualità artistica e storica è la prima cappella a sinistra: essa fonde due soggetti molto diversi tra loro: la Madonna del Rosario e Il Giudizio Universale. Nella lunetta superiore è il "Giudizio Universale": Santi e Angeli intorno al Cristo che Giudica e la Madonna che intercede in un turbinìo che è poi una timida e soffocata ascesa del barocco pittorico sul classico; si distinguono gli angeli coi simboli della passione e di Quattro Evangelisti. Nella parte centrale è la Madonna del Rosario che col Bambino distribuisce i rosari alle badesse clarisse e ai Francescani; una simile iconografia è già stata apprezzata presso la chiesa di San Giovanni Evangelista a Porta San Gennaro. Attorno al grande cerchio del polittico si trovano altri cerchi che ricordano i Quindici Misteri del Rosario. Su tutta la parte bassa, di fronte ad un vastissimo paesaggio è San Bonaventura che predica con favella sciolta e facile ai papi, ai re e governanti e signori e signorotti. Nei due rettangoli laterali, a sinistra San Francesco e Santa Chiara guidano le anime elette fuori dal Purgatorio, mentre a destra Cerbero inghiotte le anime dei dannati destinati alla perdizione eterna. Esiste una critica fatta dal De Maio circa quest'opera. Egli così scrive: "Nel dipinto è chiaramente riscontrabile il tentativo di emergere un concetto dell'autore sulla salvezza non ben chiaro se atroce, forzato, come dire esasperato se non addirittura infantile sull'idea che San Francesco d'Assisi guiderebbe le anime alla salvezza non proprio come farebbe un santo, e si legge sul testo, invece proprio a mo' di ballerino e lo stesso Francesco nel dipinto lo si vede mostrare con euforia al Cristo le sue Stimmate. Così facendo ha però il pittore saputo infondere alle figurelle ritratte quella vitalità certo tipica del francescanesimo sapendo rendere convincenti le loro espressioni sul volto che nulla hanno di terrorizzato; ad esempio: innanzi alla morte dei dannati, che neppur mostrano contegno, i salvati dal Purgatorio rimangono al cospetto della Vergine Madre di Dio, e questa a sua volta, nel quadro resta stranamente imbronciata; un'opera quasi grottesca ai limiti del manierismo raffaellita delle Logge Vaticane importate a Napoli da un allievo del Polidoro da Caravaggio incidendola fortemente come corrente artistica di secondo piano per le commissioni più economiche verso i Francescani delle epoche cinque seicentesche. Per gli studiosi del settore è probabile trovarsi dinnanzi ad un'opera tratta dalla cerchia del Polidoro.

Decenni prima del suo ultimo restauro classe 1990 il trittico venne attribuito ad un "Maestro di Montecalvario".

In base ad una errata interpretazione di un documento firmato Gaetano Filangieri venne poi di seguito attribuito al pittore napoletano Michele Curia.

  • Oggi, nel senso da quindici anni a partire dalla data dell'ultimo intervento di restauro sulla tela del polittico, sulla base di pagamenti effettuati dal pittore Mazzeo o Matteo a Giovanni de Niro, l'attribuizione è concorde al pittore veneto Giovanni De Mio, di Schio. La seconda cappella a sinistra detta dei Serracapriola di cui a terra della cappella una lapide ne reca lo stemma trova alloggio la tela della "Deposizione" scuola di Giovan Bernardo Lama. A sinistra della cappella il sepolcro di Nicola Maresca presidente della Real Camera della Sommaria del 1759; a destra invece la sepoltura dei Donnoroso Serracapriola. La terza cappella è detta "Del Pozzo" trovano due tele settecentesche raffiguranti "Santa Rosa incolume dal Fuoco" a sinistra, mentre a destra i "Santi Rocco e Carlo che visitano gli appestati". Sull'altare la statua di San Ciro. Attribuito allo sculture toscano Michelangelo Naccherino, medesimo autore della impressionante, bellissima scultura in marmo grigiastro detta anche "Crocefisso Mozzato" adagiata in una cappella laterale presso San Carlo all'Arena via Foria, una scultura lignea raffigurante il beato Salvatore d' Orta trovante posto sotto al pulpito anch'esso settecentesco. Dal ritrovamento di una cedola bancaria del 1567 si attribuisce il "San'Atonio da Padova" della quarta cappella a sinistra pur'essa di famiglia Del Pozzo a Leonardo Castellano; nella stessa cappella ai lati due tele poco leggibili attribuibili ad un seguace di Giovan Battista Beinaschi raffigurano il "Santo che predica ai pesci" a sinistra e a destra invece il "Santo che fa inchinare la mula davanti all'Eucarestia". La quinta cappella a sinistra ha sull'altare una tavola del cinquecento, raffigurante la "Madonna della Anime Purganti" attribuita da Leone de Castris a Giovan Filippo Criscuolo, molto ridipinta nell' 800. Ai lati due tele dello stesso pittore della cappella precedente raffiguranti "San Francesco con le anime del Purgatorio" a sinistra e a destra "San Francesco e il miracolo delle Rose invernali". Nei pilastrini laterali dell'altare seicentesco in marmo commesso sono murati due bassorilievi seicenteschi raffiguranti San Ludovico e San Didaco.

Nell'abside si ricorda lo stupendo altare maggiore di mano di Cosimo Fanzago.

Il quale grazie anche a quest'opera ha dato ampio impulso al marmo commesso importato a Napoli dai toscani primo tra i tanti l'architetto fiorentino Giovann'Antonio Dosio.

  • Il quale verso la metà del cinquecento per la chiesa della Certosa di San Martino progettò una serie di pilastri dalle decorazioni e dai motivi geometrici originalissimi cui si inspirò il Fanzago tradendosi qualche anno dopo proprio nella sua opera che è quest'altare. Di pregevole fattura tardo seicentesca improbabile sia di Aniello Perrone secondo il De Dominici una statua lignea della Madonna Immacolata: la presenza di due grossi ganci sulle spalle della statua lasciano pensare che la stessa sia stata transalata più volte nelle processioni del Battaglino. Un tempo tra le braccia della Vergine, invece dell'attuale angioletto, sedeva il Bambino di straordinaria bellezza artistica rubato appresso alle coroncine. La chiesa da cui prende anche nome tutta quanta l'area perturbana di Montecalvario e non già inversamente come spesso si è detto, è stata fondata nel 1560 e solo nel 1574, ed è stata consacrata con gran cerimoniale tipo pontificale dal vescovo di Lettere, monsignor Aurelio Griano ed affidata inizialmente ai Frati Osservanti di San Francesco. Nella pianta Leffrey, che è del 1566 la chiesa è visibile nella sua essenzialità quando la chiesa cioè, non era ancora interessata dalla veduta la baroccheggiante forma attuale, visibile anche la cupola sul tamburo ed i primi edifici del convento. E' stato però ristrutturato e ampliato già alla prima metà del Seicento: nella pianta Baratta del 1629 si vede un portico a cinque aperture con un arco più grande al centro preceduta da una scalinata larga quanto l'intera facciata tipico componente aggiunto alle strutture sacre a quell'epoca. Agli inizi del settecento il portico dunque venne eliminato e tra l'Ottocento ed il Novecento si registrano nuove ampliazioni di sorta con l'aggiunta di nuovi corpi di fabbrica ed alcune sopraelevazioni. Salvando entrambe le direzioni, lato monte e lato Via Toledo, il convento venne dotato di uno stupendo giardino con soluzioni anche pensili, innestate una gran varietà di piante mediterranee importate dai Padri della Missione; ma il giardino, in seguito alla soppressione degli Ordini, venne lasciato in dotazione ai reparti della vicinissima area cavallerizza. Anche i due chiostri annessi alla primitiva costruzione della chiesa hanno subito un immeritevole declino: uno di questi venne affidato alle monache vincenziane che comunque per ragioni contingenti lo hanno lasciato pressocché in uno stato di abbandono: si vedono ancora le arcate in piperno grigio; l'altro chiostro è oggi solo un anonimo cortile di palazzo. Un intervento risolutivo del 1807 dell'architetto Stefano Gasse, famosissimo per la prospettiva sociopolitica di raggruppare tutti insieme i “sudici” venditori bancarellari di via Toledo proprio nello spazio antistante la monumentale chiesa di Santa Maria della Mercede a Montecalvario, poi confermato con decreto di Gioacchino Murat, realizzò di fatti uno spazio dedicato ad un mercato insolito per le botteghe poste su tutti e quattro i lati ed al centro della piazza un pozzo. Risolvendo il problema già posto per l'accesso alla chiesa reso assai difficile costruendovi a parte una scalinata a ridosso di una bottega oggi solo uno dei tanti locali sotterranei abbandonati agli inizi del 1900. Ma della soluzione pensata e poi anche realizzata dall'architetto Gasse oggi restano solo dei locali sommersi all'edificazione della chiesa; è ciò che avanza di quell'antico mercato a Montecalvario e anzi i lavori posti in esser a vantaggio dei bancarellari furono uno spreco di spazio e di materiali oltre che pregiudizievoli per la facciata della chiesa medesima che, causa alcuni giovani maldestri, fu insudiciata in segno di protesta. Il fronte della chiesa venne completato solo nel 1816 e presenta oggi un'arcata unica, centrale e sovastata da una loggia. Ad alterare ulteriormente la bellezza della piazza fu l'iniziativa dell'ente Comune di Napoli di rimuovere il convento collegio ed ivi insediarci a beneficio della popolazione un Isitituo Scolastico: il Paisiello. Dopo il rientro dei Borbone, la chiesa fu in parte restituita ai Francescani di Gerusalemme. Dal 1923 affidata ai Monaci Mercedari dell'Ordine Spagnolo della redenzione dei Cattivi, come lo indica una lapide nel pronao. I Mercedari son un Ordine religioso fondato nel 1218 da San Pietro Nolasco allo scopo di redimere i cristiani schiavi dei maomettani. Oggi essi si dedicano all'assistenza sociale nelle carceri e nei riformatori.