Cappella di Sant’Ignazio da Loyola a Napoli

E’ la cappella che occupa per intero l’area del transetto e campata sinistra chiesa del Gesù Nuovo di Napoli1, opposta al Cappellone di San Francesco Saverio, e ad un passo accosta alle Cappelle di San Ciro e di San Francesco de Gironimo o Cappella Ravaschieri.

Si tratta di una esposizione mistico-architettonica di altissima qualità storica, ripensata e riorganizzata coi finanziamenti privati di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, nipote di madre di San Carlo Borromeo, attivo e famosissimo compositore dei Madrigali. 

Carlo Gesualdo è conosciuto alla storia come l'assassino della sposa Maria d’Avalos e del suo presunto amante Fabrizio Carafa duca d’Andria, motivo per il quale, in seguito al delitto riparò per un lungo periodo nel suo feudo onde sfuggire alla vendetta della famiglia dei Carafa.

I lavori della costruzione della Cappella medesima, con l’aiuto di Costantino Marasi e Andrea Lazzari autori dei lineamenti dello spazio congregale, vennero ridisegnati su di una zona aperta al pubblico culto già installata per mano di Cosimo Fanzago tra il 1630 ed il 1650.


Il 7 ottobre del 1601 venne dato l’avvio definitivo ed ennesimo dei lavori di ricostruzione del complesso del Gesù Nuovo. 

Che sorse sotto il titolo della Trinità Maggiore e dedicata all’Immacolata, patrona della casata del viceré don Pedro Giron, duca di Ossuna, l’unico ch’ebbe reso favorevole all’Ordine dei Gesuiti l’acquisto del Palazzo Sanseverino1bis.

  • E’ attestato da un raro volume del 1633 scritto da Antonio Spinelli, tra l’altro autore di un libro pubblicato postumo trattante solo ed esclusivamente chiese napoletane dedicate alla Santa Vergine Maria, che al momento della consacrazione della Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, in verità al suo interno di altari corrispondenti alle proprie cappelle ve ne erano soltanto quattro e precisa: “…oltre all’altare maggiore, gli altari delle cappelle degli Angeli, dell’Annunciazione e di tutti i santi Martiri e della Natività”. L’esame dei dipinti di Concetta Restaino sugli affreschi presenti in chiesa portano dritti a Belisario Corenzio e Girolamo Imparato.  E' vero infatti che è questa la Chiesa, che, più di tutte, ha veduto le opere esposte ed i rimaneggiamenti degli ultimi tempi del grande artista napoletano Imparato. Diversamente dal Corenzio, al quale vennero commissionati i lavori degnamente realizzati, tra il 1600 e il 1605, solo degli affreschi delle cappelle degli Angeli e della Natività. Alla Cappella di Sant'Ignazio, cappella in esame a questa scheda, furono aggiunte due statue: Davide e Geremia Sono le opere più belle del palinsesto di Cosimo Fanzago, poste in un perfetto equilibrio tra le partiture architettoniche dell'area circostante. Son state rivisitate dalla gran varietà delle forme dei manti in cui esse sono avvolte e delle masse chiaroscurali risulta fin troppo evidente il gioco posto in essere dall'artista, che qui le ha collocate onde sfruttare la luce che riescono ad assorbire contro le ombre insidiose nei panneggi e nelle scanalature, esaltando al massimo i rilievi marmorei e le possibilità sceniche offerte al pubblico che le osserva basate in special modo sulla suggestione delle visioni che queste scatenano e dei valori morali ad esse associate. Le due figure bibliche, infatti, rappresentano il monito a sottolineare le conclusioni cui è giunto Sant'Ignazio da Loyola sulla meditazione fatta dal medesimo circa la pochezza dei mezzi umani contro l'Opera di Dio; ed infine, questo va detto, che, le due statue soffrono l'incompatibilità della loro misura. Infatti, sono enormi rispetto allo spazio angusto delle nicchie che le ospitano.


Sull'altare oggi è collocata una tela di Paolo De Matteis del 1715 raffigurante la “Madonna con Sant'Ignazo e San Francesco Saverio” . 

Un tempo alloggiata alla chiesa del Gesù di Taranto, in sostituzione del dipinto di Girolamo Imparato “Visione di Sant'Ignazio a La Storta” oggi visibile sulla parete destra della Cappella medesima.

  • Per quanto riguarda la tela del De Matteis, curioso particolare sta nel ricordare le trasformazioni sinceramente divertenti che hanno dovuto subire i personaggi ritratti sul dipinto; nell'epoca in cui i Gesuiti vennero cacciati via dal Regno, i monaci Benedettini Olivetani, nel frattempo insediatisi in chiesa, per altro gli unici ad essa più vicini, vestirono di caffettani bianchi i due santi Gesuiti del quadro per adattarli alla forma delle bianche vesti dell'Ordine Benedettino e solo duecent'anni dopo e soltanto in seguito ad un restauro del dipinto si scoprirono le vesti originarie calzate dai personaggi della tela. Dei tre dipinti del Ribera, invece, profondamente danneggiati dal crollo della Cupola del 1688 restaurati direttamente da Luca Giordano due anni dopo, oggi in alto a quest'altare ne restano soltanto due, rispettivamente la “Gloria di Sant'Ignazo” e “Papa Paolo III che approva la regola dell'Ordine”; nel dipinto si osservano altri due personaggi identificati poi dall'esame del profilo nelle persone di Nicolò Bodalilla e Alfonso Salmeròn pur detti compagni di fede di Sant'Ignazio; il terzo dipinto che chiude la corona dell'altare un tempo era in mostra alla chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli, in vicinanza alla zona ove oggi sorge la chiesa di Santa Maria a Costantinopoli. E un bene ricordare, che l'anzidetto dipinto sostituisce quello mancante del Ribera, “Sant'Ignazio che scrive il Libro degli Esercizi Spirituali” andato perduto in seguito ai bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale. Forse del Guercino e intanto attribuibile a Battistello Caracciolo la “Santissima Trinità e Santi” posto sulla parete sinistra della Cappella proveniente dalla Cappella del Sacro Cuore di Gesù.


Spazio note

(1) Estratto da: Iappelli, "Guida Storica del Gesù di Napoli", Napoli BUR 2000; cfr: Descrizione dell'altare maggiore novellamente eretto nella chiesa del Gesù nuovo di Napoli. - [S. l. : s. n., dopo il 1850] (Napoli : tip. Vico Gerolamini, n. 10). - 11 p. ; 16 cm. Cfr; Appunti per il corso di storia dell'arte : a.a. 1985-86 / Raffaele Mormone. - Napoli : Centro stampa Opera universitaria, 1986. - 124 p., [16] c. di tav. : ill. ; 25 cm. In testa al front.: Università degli studi di Napoli, Facoltà di architettura, Istituto di storia dell'architettura. Il Cappellone di Sant'Ignazio al Gesu Nuovo in Napoli: iconografia e spiritualita / Filippo Iappelli S.I. Tratto da: Napoli nobilissima : rivista di topografia ed arte napoletana. - Vol. 1, fasc. 1/2 (gen./feb. 1892)-vol. 15, fasc. 11/12 (nov./dic. 1906); n.s., vol. 1, fasc. 1 (gen. 1920)-vol. 3, fasc. 11/12 (nov./dic. 1922). - Napoli : [s. n.], 1892-1922. - 18 v. : ill. ; 35 cm. Mensile. - Dal 1920 editore R. Ricciardi. - Indici dei v. 1-15 (1892-1906) nel v. 15.
(1bis) Ecco come la racconterà cent’anni dopo la cerimonia d’apertura della Chiesa il gesuita Saverio Santagata: “…allo spuntar dell’alba della domenica (7 ottobre 1601) si diè principio alla solennità coll’intervento d’immenso popolo: a giorno chiaro vi accorsero alcuni vescovi e arcivescovi e su l’ora più tarda vi si portò prima il magistrato della città e poi il viceré col treno di molti cocchi, e di squadronate milizie. Anche la primaria nobiltà di Napoli comparve nel vasto tempio che superava se stesso per magnificenza di apparati, per simmetria di arredi e per isceltezza di musicali armonie; alle quali cose si aggiunse lo scarico di cannoni delle fortezze che d’ordine di sua eccellenza applaudirono alle sacre cerimonie. Finita la consecrazione della chiesa, fu dedicato dall’arcivescovo l’altar maggiore arricchito dalla signora Principessa di Bisignano con tappezzerie per materia e per lavoro pregevolissime; e nel tempo istesso tre altri altari furono consecrati da tre vescovi; cioè quello della cappella degli Angioli che è detta ancora della Trinità da monsignor Andrea de Franchis arcivescovo di Trani; quello della Natività dal vescovo d’Isernia monsignor Paolo de Curtis; e il terzo della Beata Vergine Annunciata da monsignor Fabio Maranta vescovo di Calvi” Saverio Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù, appartenente al Regno di Napoli, Napoli 1756, pp. 36-37.