Cappella Tesoro di San Gennaro a Napoli

E' la cappella del Tesoro di San Gennaro, terza della navata destra interno Duomo di Napoli1, con una facciata propria grande lo spazio di tre campate.

E' sede dell'omonima deputazione alla quale, fu iscritto e successivamente espunto, il nome di Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero.

E' ampiamente famosa per le date storiche, lungo il corso dei secoli, in cui si sono celebrate e tutt'oggi vi si celebrano le liturgie legate al culto del Sangue di San Gennaro ed il fenomeno del Miracolo

In quest'ambiente si realizza, a partire dal 1527, la massima espressione di culto e fede contestualizzata dall'esposizione delle reliquie del Santo in tre date ordinarie e fisse dell’anno solare; Mentre l'ostensione del Busto d'Oro contenente le Ossa del Capo e la teca1bis, anch'essa parte del Tesoro, contenente le Ampolle del Sangue del Santo1ter, sono oggetto del fenomenale episodio del sangue che si scioglie.


La minuta sulla Cappella del Tesoro di San Gennaro. 

Fu restaurata l’ultima volta dai lavori finanziati dall’allora Banco Ambrosiano Veneto, iniziati nel 1984 e culminati nel 1987, in occasione della fase di preparazione alla mostra Civiltà del Seicento a Napoli.

  • A partire da quella data, alla cappella venne restituita l’originaria veste e luminosità secentesca, indicata dalle fonti antiche e dalla critica moderna come ambiente esemplare del barocco illusivo e fantastico di matrice correggesca. A Granucci e Del Giudice vanno Gli Splendori, mentre al Vinaccia va in massima parte l'omaggio alla decorazione plastica ed il paliotto d'argento al culmine dello spazio della tribuna. E' avvolta da una complessa articolazione di allegorie editate in quest'unico ambiente nella ferma intenzione di istruire i fedeli contro l’errore delle eresie. Tutte quante le anzidette Allegorie, sono opera di Domenico Zampieri, altrimenti detto il Domenichino, che l'affresca per poi compiersi nel Paradiso del Lanfranco che lo seguirà. La manifattura orafa locale, con un unico segmento operativo, la completa unitamente alla Certosa di San Martino, inglobandola nelle opere d'arti da considerare massima espressione artistica del gruppo di lavoro barocco per il Seicento, Rococò napoletano per il Settecento1quinquies.

La forma architettonica della cappella del Tesoro di San Gennaro. 

Per quanto riguarda l'impostazione architettonica, essa riprende il disegno di un invaso a croce greca su cui insiste fortemente un’idea di spazio centrale con un perfetto domino della cupola, ispirata al classicismo romano.

  • In questo ambiente si contano sette altari: oltre all’altare maggiore, lievemente arretrato nello spazio della tribuna, vi sono anche altri due altari nel corto braccio trasversale, ed altri quattro installati nella sostanza dei grandi piloni sfettati su cui poggia la cupola. L’intenzione di realizzare una cappella nuova, dedicata al Santo napoletano, il Martire per eccellenza, contenente il Tesoro, risale al 1527, virale testimonianza della pia pratica degli Eletti di affidare a San Gennaro la custodia della città di Napoli afflitta dal morbo della Peste. Alla data del 1607 venne bandito concorso per la costruzione del complesso architettonico vinto da Francesco Grimaldi, sulla base del capitolato risalente alla convalida della Bolla di Fondazione di papa Paolo V, siglata nel 1606. All’avvio dei lavori verranno sacrificati gli spazi e le relative cappelle ivi fondate dalle famiglie dei Filomarino, Zurlo e Cavaselice, lo spazio un tempo prima occupato dall’Oratorio di Santa Maria della Stella e dalla chiesetta di Sant’Andrea. Il tesoro dalla vecchia cappella sistemata nella torre campanaria di sinistra, prese posto nella cappella nuova solo a partire dalle solenni celebrazioni del 13 dicembre del 16462

Storia artistica della cappella di San Gennaro.

Ma la storia artistica della cappella avrà inizio nel 1616, con la presenza sul posto del cavalier D’Arpino che avrebbe dovuto spartirsi l’incarico affidatogli con Fabrizio Santafede, ma con tanto di contratto già autografato, il Cavaliere tre anni dopo non aveva neppure iniziato i disegni3

  • Gli seguì Guido Reni, che, dopo una breve discussione sui pagamenti, accettò di realizzare il programma figurativo dell’ambiente, salvo, però, fuggire via dalla città, spaventato dall’episodio di ferimento quasi a morte di un addetto ai lavori sul cantiere da parte di uno scagnozzo armato dalla compagnia di Belisario Corenzio, quest’ultimo, interessato non tanto ai lavori, quanto a riaffidare al Santafede l’incarico di procedere e di qui metter probabilmente le mani sull’enorme somma di denaro messa a disposizione dalla Deputazione di San Gennaro. L’attentato all’impiegato del cantiere dovette però suscitare coscienza in seno alla commissione aggiudicatrice dei lavori, se, questa, arrivò al punto di respingere le bozze presentate dal Santafede, Battistello e Gessi, oppure, è verosimile credere che il rifiuto dei disegni fosse motivato dal fatto che la Deputazione stesse cercando di riprendere contatti col cavalier D’Arpino. Nel 1628 Belisario Corenzio, aiutato da Simone Papa ci riprova ad aggiudicarsi i lavori, ma inutilmente, due anni dopo a Domenico Zampieri venne sottoscritto il contratto che stabiliva il corso iconografico per la cappella, il prezzo già stabilito per ogni singola figura, ed il giuramento del Domenichino a non impegnarsi per altri cantieri in altre chiese finchè non avesse portato a termine l’opera4(5), che, però, com'è noto, verrà terminata da Giovanni Lanfranco.


Spazio note

(1)[Miscellanea di testi tratti da W. Prohaska, R. Palmer, E. Nyerges, E. Catello, E. Nappi, G. Wiedmann, T. Willette, J. D. Clifton, C. Belli, U. Prota Giurleo, V. Abbate, V. Rizzo, G. Chiraldi, G. Labrot, M. A. Pavone, R. Sica, V. Pacelli, G. De Vito, R. Ruotolo, A. Delfino, F. Strazzullo, Emilio Ricciardi e dalle sedi di Campania Beni Culturali, Circuito informativo regionale della campania per i Beni Culturali e Paesaggistici, Università degli Studi di Napoli "Parthenope", Archivio storico del Banco di Napoli (A.S.B.N.), Archivio di Stato di Napoli (A.S.N.) per il restauro degli affreschi del Domenichino: Il restauro degli affreschi di Domenichino di Denise Maria Pagano, responsabile dei Labotratori di Conservazione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli. Per la Electa Napoli 1987, in occasione del restauro degli affreschi alla cappella tra il giugno del 1986 ed il dicembre del 1987 Fondazione Napoli Novantanove. I lavori, coordinati da Raffaele Garzone, furono eseguiti dalla ditta Tecni.re.com., Roma. Vedasi anche: F O N D A Z I O N E M E M O F O N T E / Studio Per l’Elaborazione Informatica delle Fonti Storico-Artistiche GIUSEPPE SIGISMONDO Descrizione della città di Napoli e suoi borghi del dottor Giuseppe Sigismondo napoletano Tomo I [Napoli], presso i Fratelli Terres, 1788 (a cura di Stefano De Mieri e Maria Toscano) Napoli - Firenze 2011 Edizione digitale disponibile all’indirizzo http://www.memofonte.it Data di immissione on-line: 1° semestre 2012 Questo lavoro è promosso dal Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Maria Toscano ha curato la prima parte (pp. I-VIII, 1-143), Stefano De Mieri la seconda (pp. 143-287). Fondazione Memofonte Lungarno Guicciardini, 9r 50125 Firenze (IT)
(1bis) L’ostentazione del busto e delle ampolle avviene di norma tre volte l’anno. Il 19 settembre, data coincidente presumibilmente con il giorno del martirio del Santo, eseguita per decollazione nell’anfiteatro romano nei pressi della Solfatara di Pozzuoli; la prima domenica di maggio in ricordo della prima traslazione delle reliquie, ed infine il 16 dicembre in memoria del patrocinio esercitato dal Santo a favore della città di Napoli all’indomani della storica eruzione vesuviana del 1631.
(1ter) Il sangue di San Gennaro è custodito in due balsamari di vetro antichissimo, manifattura diversa per ognuna di essi, analoghe dimensioni per entrambe, mentre la strozzatura sul collo di tutte e due le ampolle le fa certamente datare IV secolo d. C. La *cappella del tesoro di San Gennaro / testi di Ugo Dovere ; fotografie di Luciano Pedicini. - Napoli : Arcidiocesi di Napoli ; Milano : F. Motta, 2003. - 77 p. : ill. ; 21 cm. ((In cop. e sul dorso: Guida d'arte. Codice SBN UMC0535506 BNN distribuzione MISC. Busta A 1092 (11 a pagina 52
(1quater) Clicca qui per aprire questa nota.
(1quinquies) Arnaldo Venditti Napoli Nobilissima: rivista di topografia ed arte napoletana. Napoli Nobilissima NAP0632510. A proposito della Chiesa Sant’Anna a Portacapuana . Collocazione BNN Sala dei Periodici. Per. Ital. 355 anni 1961/1963.
(2) E' amministrata da tesorieri cappellani e chierici un tempo scelti dai membri della Deputazione propria sui Sedili. Il tesoro, esistente seppur mai visto nel suo insieme, resta l'aspetto profondamente religioso del popolo napoletano che in quest'ambiente ce lo ha voluto e che in esso risente della stratificazione storica riconosciuta come dimensione popolare effettiva della pietà come esperienza di fede. Alla maniera di quanto accade con la partecipazione agli eventi annuali presso la chiesa del Carmine al Mercato. A partire dal 9 dicembre del 2003 il Tesoro è custodito integralmente dall'omonimo Museo con ingresso nel fianco della Cattedrale, ove è riposta in apposite teche ben protette l'oggettistica evocativa del Santo in esposizione permanente.
(3) *Ricordo del Cavalier D'Arpino (1568-1640) / Umberto Caperna. - [Roma] : Gruppo Culturale di Roma e del Lazio : F.lli Palombi, [1990]. - P. 109-126 ; 22 cm. ((Estr. da: Pittori architetti scultori laziali nel tempo (Lunario Romano 1990) Codice SBN NAP0017294 Il Rotary Club Roma Ovest; Esiste una versione critica e commentata del 1940 edito dal Mallardo.
(4) Nicolò Carminio Falcone fece fortuna con una sua opera del 1713 pubblicata col titolo ”L'intera istoria della famiglia, della vita, dei miracoli, della traslazione e del culto del Glorioso martire San Gennaro”. Nicolò Carminio Falcone fece fortuna con una sua opera del 1713 pubblicata col titolo”L'intera istoria della famiglia, della vita, dei miracoli, della traslazione e del culto del Glorioso martire San Gennaro”. Con quest'opera, l'autore medesimo ebbe abbondantemente inquinato di leggende apocrife e di personalismi vari l'essenziale della storia di San Gennaro e del suo culto estratta tuttavia dai codici vaticani, falsificando non poco le notizie certe degli atti bolognesi e in un primo momento anche spacciandoli per scoperte fatte da lui personalmente. L'altare maggiore di questa cappella vene fatto costruire negli anni in cui a Napoli votata l'arte per il gusto del barocco napoletano di Francesco Solimena che per l'opera dell'altare privilegiato della cappella rifiutò in un primo momento la commissione per le esigue capacità economiche della Deputazione. Fu allora proposto al popolo una questua, solo successivamente autorizzata dall'Arcidiocesi per la raccolta straordinaria di fondi per realizzare l'altare maggiore accontentando anche i capricci di chi lo volle in porfido con cornici ed intagli floreali in lamina di platino, argento e oro. La raccolta di cui si parla venne espletata in forma poco ingegnosa e quasi ingenua di una cassetta o cippo collocata al centro della cappella. I soldi quelli veri giunsero invece dalla raccolta attivata dal duca di Spezzano, che per questo motivi e ne andò in giro per la Regione di casato in casato a raccogliere enormi ricchezze. Negli anni 1702 e 1706, sulla base dei risultati testé indicati, venne posto nell'abside della cappella l'altare completato che si presentava di un ricchissimo parato in argento con mensole e soprammensole in porfido e marmo regio africano; i candelieri di Giandomencio Vinaccia, due puttini che sorreggevano un tempo un crocefisso in lapislazzuli, quattro puttini reggi candele ed un elegante servizio di giare con fiori in lamina sbalzata. Venne collocata nella attuale porzione di Cappella, onde nella parte sua posteriore anche installata la cassaforte custode delle Sacre Reliquie e delle ampolle del Sangue del Santo. La teca delle ampolle e il busto argenteo del Santo dono di Carlo I d'Angiò sono degli orafi francesi Etienne Godefroyd, Guillaume de Verdelay e Milet d'Auxerre. I due grandi candelieri detti anche Splendori, opera degli argentieri, Filippo Del Giudice e Bartolomeo Granucci, dono di Carlo I di Borbone e sostanzialmente facente parte del Tesoro di San Gennaro recano a tutto tondo sul globo terreste le sei virtù teologali. Anno 1527 il popolo napoletano in seguito all'anniversario della traslazione a Napoli delle ossa del Santo martire dal monastero di Montevergine in Avellino, inizialmente collocate all'interno di una ”scarabattola” localizzata nella pancia dell'attuale torre alla sinistra del Duomo, già patrono della città, con un documento redatto dalla Deputazione affida alla figura del Santo la cessazione di tutti i travagli legati alla peste e alla guerra tra Francia e Spagna che si contesero a lungo il dominio sulle terre e sui poteri conquistati e da conquistare nel Regno di Napoli. La letteratura medica accerta che vi fu una sostanziale e collettiva remissione spontanea del morbo della peste, rilasciata in un arco temporale stimato in un anno o al massimo due dallo scoppio della crisi; le fonti storiche accertano invece che la guerra dei francesi contro gli spagnoli attenuerà di molto le morti dei propri soldati in combattimento spostando altrove il proprio campo di battaglia.