Basilica San Francesco di Paola Napoli

E' la chiesa simbolo dell'avvenuta restaurazione borbonica della città di Napoli1(2), "ex voto" fatto da Ferdinando I di Borbone al Santo Francesco di Paola, al quale, fu attribuita la "cacciata miracolosa dei francesi di Gioacchino Murat", assediatori della città, nonchè suoi grandi riformatori in tema di urbanistica ed architettura.

Sorge nello spazio architettonico di piazza del Plebiscito, ed è protetta alle sue spalle dai distretti dei Quartieri Spagnoli, dell'EgiziacaMonte di Dio e Pizzofalcone.

La sua ampia facciata principale, s'apre con un poderoso colonnato che raggiunge a destra il Palazzo della Prefettura e a sinistra il Palazzo Salerno. E' la seconda basilica pontificia nel circondario delle insule di Largo di Palazzo e dei Fiorentini. La prima è la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli nella pancia del palazzo del Comune a piazza Municipio.

E' di forma circolare3, con inizio dei lavori 1815, ed è officiata dai frati del Sacro Ordine dei Minimi, con Casa e Curia generalizia per la Campania, presso il Santuario di Santa Maria della Stella nell'omonimo quartiere. Infine, la posa della prima pietra della Basilica è stata fedelmente ritratta da un dipinto del genere Schetchbook del tedesco Jakob Philipp Hackert ed oggi esposto presso la Sala dei Paesaggi all'interno dell'appartamento storico di Palazzo Reale.  


Descrizione breve della forma esterna della basilica.

E' risultata la prima chiesa napoletana ad aver avuto l'altare rovescio, per privilegio concesso dal pontefice Gregorio XVI, a somiglianza delle sette basiliche romane della Suburbicarie.

  •  L'impianto architettonico rappresenta la massima espressione dell'impiego del codice neoclassico napoletano4; fu costruita per concorso indetto dal regnante sul modello del Pantheon di Roma, vinto dall'architetto ticinese Pietro Bianchi5 ed appaltato da Domenico Barbaja negli anni in cui l'imprenditore assolse alla risoluzione dell'architetto Stefano Gasse e la facciata del palazzo San Giacomo a piazza Municipio6. Ripensata come evidente espressione della città laica e borghese6bis, si presenta con pronao esastilo e timpano, dal quale spunta la statua della Religione di Heinrich Konrad Schweickle; a destra del pronao San Luigi re di Francia del medesimo scultore e all'estrema sinistra la Statua di San Francesco di Paola opera di Giuseppe del Nero. Il pronao è formato da dieci colonne ioniche di marmo di Carrara lavorati dallo scultore Carlo Beccalli, della stessa sostanza dei quindici scalini per cui vi si accede. Due portici di cava basaltina di Pozzuoli sorretti da quarantaquattro colonne che affondano nella pietra vesuviana a terra, s'aprono ampi, formando due quadranti semiellittici, correndo simmetrici da angolo ad angolo dell'asse maggiore che divide tutta la piazza, impaginati e svolti in atto di chiudere il primo confine circolare dell'invaso sul quale trovano posto edifici di architettura affine tra loro: sono la Foresteria a sinistra ed il palazzo del Principe di Salerno a destra. In cima ai due fronti del portico prospettanti la collina di Pizzofalcone e la salita del Gigante regna la gigantesca cupola rivestita nel tamburo da grandi massi di pietra calcarea estratta dalle cave del monte a Gaeta, affiancata da altre due cupolette a copertura delle sottostanti congregazioni. La cupola è sorretta da trentaquattro colonne di ordine corinzio in marmo venato di Mondragone. Allineate in direzione della cupola medesima, esposte sul ciglio dell'attico sorgono sei statue: a tutta dritta si indicano le Quattro Virtù Teologali a destra le Virtù Cardinali a sinistra7Nei ”primi fuochi dell'ellissi” della piazza, ispirati ai Cavalli di Bronzo della basilica di San Marco a Venezia e al monumento omaggio al Marco Aurelio a Roma, sono collocate due statue equestri: Carlo III di Borbone opera di Antonio Canova e del figlio Ferdinando I di cui il Canova ne modellerà solo il cavallo, tutte e tre i primi pezzi scolpiti tra il 1819 ed il 1821, il cavaliere della seconda opera sarà compiuto dallo scultore Antonio Calì. La fusione a bronzo delle due statue equestri la si deve già compiuta nel 1822 a Luigi Righetti.  L'inaugurazione del Tempio da parte dell'augusto nipote di Ferdinando I di Borbone felicemente regnante col nome di Ferdinando II, La Croce, lo stemma del Santo, ed altri due fatti della vita di San Francesco di Paola son raccontati nei sei scompartimenti di cui è divisa la porta al centro dell'emiciclo che conduce all'interno della basilica.

Storia della chiesa di San Francesco di Paola.

La chiesa basilica di San Francesco di Paola sorge su un'area rimasta periferia fino al periodo del viceregno presentandosi come un ammasso di preesistenze installate malamente tra giardini e altre chiese e altri monasteri.

  • Il primo, distinguibile nei lotti edificati su via Cesario Console, all'epoca detta la Salita del Gigante sopra a Santa Lucia nel tratto estremo a sud del Lungomare, fu il monastero e chiesa contigua di Santa Croce fondato per volere della regina Sancia di Maiorca per ospitarvici le clarisse poi fatte spostare in Santa Chiara a Spaccanapoli. Appresso, il convento francescano della Trinità edificato per volere di Roberto d'Angiò il re consorte, e la piccola chiesa di San Marco dei Tessitori. Dall'altro lato sul limitare di Via Chiaia oggi occupato dall'ingombro del palazzo della Prefettura, venne fondato in onore al Santo Spiridione, il monastero prima basiliano e poi domenicano dedicato al Santo Spirito fatto abbattere da don Pedro de Toledo in luogo di riedificarlo nuovamente più ad est nel punto esatto dove oggi ricade il Caffè Gambrinus ed alla fine comunemente soppressi nell'area indicata dalla chiesa gesuitica di San Francesco Saverio. In uno spazio oggi corrispondente al centro della piazza del Plebiscito in un luogo di riserva per malfattori venne fatta alzare la chiesa di San Luigi o anche detta chiesa di San Francesco di Paola. Ma giusto in quest'area in un tratto di terra scoscesa e alquanto impervia preesisteva la fatiscente chiesa di San Giovanni ad Lampades, l'Oratorio tipo eremo a mare dedicati ai santi Ludovico e Martinello ed una torre. Tutte le fabbriche religiose preesistenti in quest'area furono demolite all'indomani dell'ascesa del condottiero francese Gioacchino Murat che in tutta Napoli improntò un preciso schema di riforma in ogni senso percepito e basato su principi laici, che travolsero bruscamente l'aspetto urbanistico della piazza a partire dal palazzo Acton ripreso ad una severa ristrutturazione e destinato ad alloggio del principe di Salerno. Lo stesso Murat bandì concorso pubblico per riedificare la piazza che in suo onore si sarebbe dovuta chiamare Gran Foro Gioacchino8. Il progetto di Leopoldo Laperuta fu scelto dal Consiglio degli Edifici Civili completato con la realizzazione dell'architetto di Casa Reale Antonio De Simone in vista della costruzione del porticato con al centro una gigantesca aula circolare insediata per le assemblee popolari. Ma Ferdinando I di Borbone, nelle vicende napoletane ben note, restaurato il Regno nuovamente illuminato dagli antichi principi, votò al Santo Taumaturgo di Paola tutta la vasta area in segno di gratitudine a Dio per avergli restituito popolo, trono e nuovo potere. La chiesa basilicale di San Francesco ne è testimonianza e l'evento della posa della prima pietra venne ufficializzato il 17 giugno del 1816. La parte esterna del tempio venne ultimata solo nel 1824, mentre le opere di decorazione interna si protrassero fino al 1836 e tuttavia in quell'anno non vennero ancora sistemate le quattro colossali statue degli Evangelisti e gli altrettanti dottori della Chiesa situate sui pilastri esterni delle sei cappelle che vi furono collocate solo nel 1839. Tutta l'opera venne portata a compimento solo nel 1846.

L'interno della chiesa di San Francesco di Paola.



Dal pronao si accede al vestibolo, che immette alle due cappelle laterali, due congreghe con altari stratificati sotto le cupole e sul fondo di entrambe un coro a esedra preceduto da vano rettangolare con volta a botte.

  • A partire dal cappellone destro, sulla parete sinistra sta il San Giovanni battista nel deserto dipinto eseguito da Antonio Licata firmato e datato 1845. Di Tommaso De Vivo sono il Cristo Crocifisso e la Deposizione nel sepolcro ultimati nel 1824-1825. Più avanti prima di giungere alla nicchia di sinistra sta esposta la tela di ignoto autore ritraente Le Tre Marie al Sepolcro e nell'anzidetta nicchia un altare decorato di marmi finemente policromi di scuola napoletana del Seicento. Il Martirio di Sant'Irene del 1832 dell'artista toscano Fabrizio Nenci sta nel presbiterio del cappellone assieme al Cristo che scaccia Satana di Antonio De Crescenzio. Il primo di questi pittori è stato un membro corrispondente a Siena dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Sull'altare del cappellone un San Francesco di Paola di attribuzione alla scuola del Ribera. In sacrestia materiale proveniente da altre strutture: La Circoncisione di Antonio Campi, datata 1856 dovette appartenere con tutta probabilità alle raccolte borboniche del Museo Nazionale mentre il Sant'Antonio col Bambino e la Santa Maria Maddalena di ignoto pittore attribuito alla scuola di Luca Giordano prima stavano alla Cappella Palatina al Maschio Angioino. Anche alcune tele di Giacomo del Po realizzate col contributo del figlio Giacomo. Al di là del vestibolo il grandioso tempio circolare disegnato dal Bianchi. Trentadue colonne di marmo di Mondragone con capitelli corinzi decorati con il giglio borbonico conferiscono alla cupola che insedia lo spazio in funzione di volta la simmetria sui disegni geometrici del pavimento in marmi policromi. Il percorso della calotta s'interrompe all'altezza dell'altare maggiore prendendo forma di piccolo ballatoio rettangolare sospeso da quattro angeli cariatidi di legno similoro. Tutt'intorno i fregi, i festoni e le ghirlande e l'esclusiva dei confessionali in marmo e legno incassati nelle pareti laterali di ogni cappella. La Statua del San Matteo di Carlo Fanelli la si incontra al primo pilastro a destra e sull'altare della prima cappella, tra due cartoni in monocromo che raccontano San Francesco di Paola in udienza presso re Luigi XI e dall'altro lato lo stesso Santo nell'epico viaggio sullo stretto di Messina a bordo del suo solo mantello, vi è il dipinto di Pietro Benvenuti ritraente L'ultima comunione di Ferdinando di Castiglia. Altri due cartoni che finiscono di raccontare la vita di San Francesco di Paola si trovano a destra della seconda cappella nell'ambiente in cui trova spazio il San Luca di Antonio Calì. L'Estasi del beato Nicola Longobardi dell'artista siciliano Natale Carta sta nella terza cappella in compagnia dei cartoni monocromi di San Francesco che profetizza il papato a Sisto V e l'altro racconta di San Francesco che guarisce un appestato. In questo stesso ambiente davanti al terzo pilastro la Statua di Sant'Ambrogio scultura elegante di Tito Angelini ed ancora San Giovanni Crisostomo di Gennaro Calì. Sull'altare maggiore della chiesa la tela di Vincenzo Camuccini ritraente San Francesco di Paola che resuscita il giovane Alessandro. A sinistra quindi la Statua di San Giovanni l'Evangelista opera di Pietro Tenerani del 1834 spedita da Roma in quell'anno assieme alla copia ultimata della Statua di San Marco di Giuseppe De Fabris che occupa il terzo pilastro a sinistra. Alla seconda cappella sull'altare a sinistra è L'Immacolata 1854 di Tommaso De Vivo in sostituzione del dipinto di Nicola Carta del 1836 che sta nella terza cappella. Sant'Agostino da Ippona di Tommaso Arnaud sta tra i due restanti pilastri assieme all'opera di Angelo Solari Sant'AttanasioNel cappellone di sinistra sono conservate le opere di Raffaele Postiglione, Giuseppe Bonito, Luca Giordano e Paolo De Matteis.

L'altare maggiore fu disegnato da Ferdinando Fuga nel 1751 inizialmente per la chiesa dei Santi Apostoli a Santa Sofia; poggia su un'ampia fascia di porfido, arricchito e impreziosito da lapislazzuli e pietre d'Agata, anticipato da due rare colonne di breccia egiziana usate come candelabri e che un tempo erano nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a piazzetta Grande Archivio.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Il tempio dei Borbone. La chiesa di San Francesco di Paola a Napoli Fernanda Capobianco e Katia Fiorentino introduzione di Nicola Spinosa. Napoli,1999 Altrastampa Edizioni Srl. BNN Misc.Ba B 1717/8 ;e da: Storia dei monumenti di Napoli e degli architetti che la edificavano. Dal 1801 al 1851 per l'architetto Camillo Napoleone Sasso, Napoli 1858, Tip. Federico Vitale BNN SEZ. NAP VI A 110/bis secondo volume pag 128]
(2) [2: Il *Regno di Napoli dalla restaurazione borbonica all'avvento di re Ferdinando 2. : 1815-1830 : con appendice sul 1848 e la reazione / Luigi Blanch. - Bari : G. Laterza, 1945. - VIII, 431 p. ; 22 cm. ((Segue: Saggio intorno a un concetto storiografico di Luigi Blanch, di Benedetto Croce. Codice SBN SBL0738081]
(3) [[La forma circolare di una chiesa non è adatta per offrire spazio alla preghiera e adorazione come tutte le altre che son state costruite ricreando la forma di una croce. Non sarà fuor di proposito aggiungere che anche puramente come forma di chiesa una forma circolare specie quella del Santo calabrese a Napoli non si presta all'uopo. La forma circolare di un tempio non vuole stare che altrimenti isolata, imperciocché, l'avvicinamento o il contatto di altre forme non potrebbe assolutamente altro produrre che un immenso sciupo di materiale in spazi irregolarissimi, ed anche rarissimamente avviene che la perdita di tanta aja e muratura è la norma per tutto ciò che vien costruito tutt'attorno. Da: L'opuscolo dell'architetto Pietro Valente col quale indirizzava nel 5 di marzo 1816 il suo progetto per San Francesco di Paola ai signori componenti del Consiglio degli Edifici Civili.]
(4) [Il *concorso per la chiesa di S. Francesco di Paola : dibattito neoclassico e confronto di modelli tra Napoli e Roma / Cettina Lenza. - [Roma] : Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, 2004. - P. 79-102 : ill. ; 30 cm.]
(5) [ASN, Ministero degli Interni, App II, fs 898]
(6) [La cultura neoclassica napoletana nel dibattito europeo. La figura e l'opera di Stefano e Luigi Gasse. Facoltà di Architettura dottorato di Ricerca in Storia dell'architettura e della città XXI ciclo Coordinatore Architetto Starace, Tutor Architetto Buccaro, dottorando Architetto Marilena Malangone.]
(6bis) [ Nota 27 a pagina 31 di Alfredo Buccaro, Architetture e spazi urbani:i tre Fori napoletani, in Agorà. Le piazza storiche dell'Italia meridionale e insulare. Anno II giugno-luglio 1989 numero 4 pag. 27-31 BNN SEZ. NAP. Misc. 7C 4/21]
(7) [Di Angelo Viva sono le statue della Temperanza e la Carità; di Angelo Solari l'Umiltà e la la Fortezza; di Claudio Monti La Giustizia e la Speranza; di Domenico Masucci la Prudenza e la Fede]
(8) [L. Cosentini Il Foro Murat in “Napoli Nobilissima” vol. VII fasc. III pgg. 33-37].