Fondazione del Maschio Angioino di Napoli

E' il castello napoletano di fondazione angioina1, espressione del nuovo gusto alla francese al pari di tutte le altre chiese gotiche edificate a Napoli2.

Fortificato dalla corona aragonese3 è detto anche, Maschio Angioino, una fortezza massiccia, con le mura di cortine e le torri assai spesse e basse, imponenti fondamenta e scarpate protettive che le corrono tutt'intorno.

Sorge nella spianata di piazza del Municipio di fronte al palazzo San Giacomo. E' corazzata di piperno e di rivellini sui quali nei secoli ci vennero allogate le bocche di fuoco per la difesa apprestata da un largo fossato perimetrale e da una cittadella esterna a protezione del battiponte4, della quale oggi, resiste solo la bellissima porta. Il castello rimasto nascosto sotto le stratificazioni edilizie spagnole e borboniche prima e dopo l'Unità d'Italia, è stato trasformato a partire dal XVI secolo in caserma dei Militari del vicino presidio della Reggia di Napoli, poi in un carcere e la stessa cinta bastionata del Cinquecento persa ogni utilità a carattere militare è divenuta la sede di opifici e manifatture dell'esercito.

L'epoca della fondazione angioina del Castello medesimo, fatto costruire, secondo una mentalità regnicola del tempo di Carlo I sul tipo del coloniale, è in zona accosta al mare, sulla base dei sequestri operati sugli orti appartenuti agli Orimina e ai Griffo e sulla distruzione della chiesa francescana di Santa Maria di Palazzo.

Ma, ancor di più il Maschio Angioino venne preferito dalla corte dei regnanti angioini, in quanto lontano da Castel Capuano, alla Vicaria, che, nel frattempo, divenne luogo malsano per le vicine paludi ed i marcitoi del lino che appestavano l'aria oltre che esposto alle scorribande del nemico che frequente muoveva a ridosso delle mura cittadine.

La committenza di costruzione del Maschio Angioino risale al 1279, interrotta solo per la morte del sovrano che l'ha commesso, poi ripreso dal figlio nel 1307 e dato compito ad un responsabile dei cantieri di realizzare il modello della Reggia napoletana sul dipinto del castello della dinastia capetingia di Parigi, visto per la prima volta nel 1274 sul Libro d'Ore del Duca di Berry oggi al Museo Condé di Chantilly, col risultato ottenuto per il castello napoletano, che il tetto restasse di semplici lastrici battuti, più vicini alla realtà edilizia cittadina e più utile soprattutto per la necessità di far affluire in breve tempo il massimo delle truppe sulle torri e sulle cortine.

La gestione del cantiere fu diretto da Pierre de Chaules4bis, aperto dalle maestranze al soldo degli Angioini, veniva ingaggiata ad estaglio, cioè: " ... stranieri con competenze specialistiche pagati a corpo, ed accorpati ai lavoratori del posto ricavati dai giustizierati della costa vesuviana5".

Sempre per la costruzione angioina della Reggia, su comando di Carlo I d'Angiò, che ne ha avviato la costruzione è stato utilizzata la calce calcarea di Castellammare di Stabia e Scafati. Furono usate le pietre di Nocera e di Sarno per le mostre delle finestre, le bifore, i capitelli e le mensole; il tufo giallo del Rione Sanità ed il legno del bosco di Quarto per gli anditi e le parti di minor importanza, mentre per il ponte levatoio, il portone del balio, le travi dei solai e altre parti lignee costituenti l'ossatura vera e propria venne scelto il legno di quercia del bosco di Ottaviano e di Lauro alle pendici del Vesuvio.

L'immanente opera venne realizzata con l'uso contemporaneo di 449 maestranze miste in attività per 56 mesi di seguito senz'interruzioni, neppure allo scoppio della guerra dei Vespri de 1282.
A superare la fase drammatica della guerra, il figlio del sovrano deceduto, suo diretto successore, asceso al trono col nome di Carlo II d'Angiò, meglio noto come Carlo lo zoppo, diede ordine a Montano d'Arezzo di affrescare la Cappella fatta edificare dal padre, oltre all'avvio del gran parco loggiato a meridione della Torre di Mezzo, della nuova Sala del Trono sul fronte orientale del Castello, della nuova Cappella Palatina sacra a Santa Barbara, unico elemento dell'architettura gotico-angioina, trascinata intatta fino all'età moderna ed entrambe le due nuove sale, quel che più importa, fatte affrescare da Giotto durante il suo soggiorno napoletano, impegnato intanto nell'Apocalisse al Monastero di Santa Chiara a Spaccanapoli.

Da Giovanna I in poi, oltre alla manutenzione ordinaria della Reggia, non si segnalano alle cronache storiche miglioramenti significativi e piuttosto che di reggia d'allora non si parlerà che di fortezza, valido baluardo militare per la Casa coronata realmente inespugnabile per alcune situazioni tattiche accadute nel Regno all'indomani dell'assassinio di Andrea d'Ungheria. Sarà l'inespugnabilità del Castello che in vero deciderà le sue sorti esitate in un lento ed inesorabile decadimento strutturale, fabbrica fatiscente che Alfonso V d'Aragona non ha troppo faticato ad assediare, occupare, espugnare i residenti ed infine abbatterla come si comanda ad un condottiero che volle edificarci sopra la sua reggia.
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Spazio note

(1) Liberamente estratto da: *Torri castelli nel Mezzogiorno : recupero, territorio, innovazione, integrazione / a cura di Alberto Notarangelo ; saggi introduttivi di Corrado Beguinot, Calogero Muscara, Gianfranco Spagnesi. - [Napoli] : Universita degli Studi di Napoli Federico 2., Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, stampa 1992. - Vedasi pure: Il *Castelnuovo di napoli : una postilla / Stefano Palmieri. - Napoli : Arte Tipografica, [2006?]. - P. 161-178 ; 28 cm. ((Estr. da: Napoli nobilissima, serie 5., vol. 3, fasc. 5-6 (sett.-dic. 2006). Autore Palmieri, Stefano <1958- > Soggettario Firenze NAPOLI - Castelnuovo - Storia Luogo pubblicazione Napoli Editori Arte Tipografica
(2) [Filangieri Rassegna critica delle fonti per la storia di Castelnuovo , Napoli, 1936 1940, vol. I, pag. 36]
(3) [La fondazione ex novo del Castello realizzata dagli Angioini occupava solo la sommità della cosiddetta Ripa alta, ovvero tutto quanto il blocco tufaceo che oggi è visibile a picco sulla spiaggia del Beverello con lieve e dolce inclinatura verso le mura della città; la fabbricazione aragonese invece ha letteralmente investito la Ripa Alta e sulla stessa plaja si erge a livello del mare. Le due costruzioni unite insieme solo dalle differenze di tecniche ossidionali tra il Duecento ed il Quattrocento italiano, si concludono con l'unica soluzione di una reggia tenuta bassa, poiché essa emerse con maggior splendore in un'epoca in cui non v'era più bisogno di difendersi dai tiri parabolici delle macchine belliche poste a fondamento di un assedio per castelli, piuttosto sostituito dall'età relativamente moderna di fare guerra coi colpi radenti delle artiglierie pesanti. S. Pomante, Il Castello Angioino in Dal Castello alla Città. Ricerche, progetti e restauri in Castelnuovo, Napoli, 1998, pag. 33]
(4) [Società Napoletana di Storia Patria Pergamene, 2AA I, 39]
(4bis) Che nei registri angioini risulta essere l’architetto anche di Castel Capuana e Castel dell’Ovo anche senza necessariamente sapere quale contributo effettivo ebbe apportato ai lavori. L- Santoro Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli Milano, 1982, pagina 89, nota 41 e 42 a pagina 30 di Luciana di Lernia, Vittorio Barrella Castel Capuano. Memoria storica di un monumento. Da fortilizio a Tribunale. Prefazione di Giancarlo Alisio, Edizioni Scientifiche Italiane, Novembre 1993
(5) [P. Egidi Carlo I d'Angiò e l'abbazia di Santa Maria della Vittoria presso Scurcola in “Archivio Storico per le Province napoletane”, XXXIV, 1909 pag. 744 e seguenti; vedasi anche C. BRUZELIUS Le pietre di Napoli. L'architettura religiosa nell'Italia angioina 1266 1343 trad. it. In Roma 2005. pagg. 49-55]