Via Vergini Napoli

Via Vergini1, strada di penetrazione interna alla città di Napoli2 fu detta fin dall’antichità, via del Campo dei Carmignani3, toponimo questo, giustificato dalle numerose proprietà immobiliari presenti in zona ed appartenute all’omonima famiglia4.
Penetra favorevolmente il primo tratto meridionale dell'omonimo borgo.

Inizierà a chiamarsi Via Vergini a partire dalla sistemazione della città di Napoli in dodici quartieri, avvenuta nel 1780.

E' divenuta famosa anche per la presenza lungo il filo sinistro del palazzo dello Spagnuolo.

E' stata introdotta nelle ricerche di storia urbanistica napoletana per la sua conformazione a doppie forbici, visibilissima nella pianta della città di Napoli disegnata dal Lafrery nel 1566, poco meno in quella del Baratta del 1629 per l’addensarsi di costruzioni. Nonostante il progressivo insediamento immobiliare cinquecentesco è stata comunque ripresa chiaramente ancora nella pianta dello Stopendael del 1653 e, assieme al vico Tagliaferri, è visibile anche sulla mappa del Duca di Noja del 1775.
 
Precisamente essa parte dalla piazzetta dei Vergini all’altezza della chiesa della Misericordia, e poco profonda raggiunge il capo opposto di una sorta di largo costituito, e sul quale affacciano emergenze monumentali forse tra le più antiche del circondario UNESCO di Napoli.


Le famose Lave dei Vergini.

Fatta salva l’eccezione del ritrovamento su questa stessa strada di tombe terragne, presumibilmente di età greca e romana5.

  • La più antica delle costruzioni avvenute lungo il filo di Via dei Vergini è del 1326, secondo il Celano, riferendosi alla fondazione della chiesa di Santa Maria dei Vergini; confluendo quindi nella soluzione urbanistica voluta nel primo Ottocento, le doppie forbici conducono a nord su Via dei Cristallini e Via Arena della Sanità, due strade per raggiungere due sacche di territorio non altrimenti collegate: la valle della Sanità e Capodimonte, e a sud su Via Crocelle a Porta San Gennaro e Via di Fuori Porta San Gennaro. Via dei Vergini, mantenendo appunto l’attuale antica conformazione urbanistica è stata di fatto anche strada di raccolta d’acqua piovana, acqua alluvionale, ed in molti casi anche raccolta d’acqua reflua; è infatti vero nonché ipotizzabile persino ad occhio come Via dei Vergini avesse potuto facilmente convogliare grandi masse d’acqua provenienti da Materdei attraverso l’imbocco di Via Arena alla Sanità, da Capodimonte attraverso l’omonima discesa e di seguito Via dei Cristallini e dalla Montagnola, cioè dall’attuale piazza dei Miracoli attraverso lo sbocco del Supportico Lopez. E quindi lo scorrere delle acque, più volte ricordato nella letteratura come le famose Lave dei Vergini, versava nel displuvio di conformazione orografica rappresentata dalla depressione di Largo delle Pigne6, e cioè l’attuale Piazza Cavour. La Lava de Vergini ha cessato di esistere come fenomeno naturale a partire dal 1871 ad opera degli architetti Schisani e Sinisclachi, autori del progetto di costruzione di un collettore scavato come un traforo al di sotto della collina dei Miradois e fatto spuntare all’aperto sul fianco a sinistra del Palazzo Real Albergo dei Poveri a piazza Carlo III. Ma fino ad allora, la confluenza delle acque avveniva lasciando che queste scorressero nei solchi precedentemente scavati. Quindi, via a via le acque, favorite dalla naturale pendenza di Via Foria raggiungevano il grande collettore dell’Arenaccia fino ad ingrossare definitivamente un corso d’acqua conosciuto come il fiume Sebeto, fiume leggendario, scomparso improvvisamente nella vita reale come nella letteratura stessa ed in sua vece emersero in tutta la loro realtà, le antiche paludi napoletane.

Le esplorazioni scientifiche su Via Vergini.

Via dei Vergini è importante nel generale assetto urbanistico della città antica in quanto al di sotto delle sue caratteristiche geomorfologiche si insediano una teoria di cavità terragne mai del tutto catalogate.

  • E soltanto una prima volta esplorata nel 1965 col metodo scientifico; infatti dalla relazione fatta al Municipio di Napoli di quegli anni, si evince dallo stralcio sulla planimetria del centro urbano, una serie di cavità sondate con i mezzi moderni. Suggestivo si legge sul documento che esiste una cava, la cosiddetta, cavità numero 30, fino al 1980 con accesso corrispondente al numero civico 19 di Via dei Vergini, e la cavità numero 50 questa volta con diversi accessi, il primo localizzato a piazza Mario Pagano, ai numeri civici 22 e 56 di Via Antonio Villari ed infine dalla stessa piazza Cavour. I sondaggi delle cave nella valle degli ipogei ha dato anche questi risultati; a via Mario Pagano, all’altezza dell’edificio Angiulli, il sottosuolo è composto di terreno alluvionale fino alla massima profondità esplorata, 9,50 metri; oltre questa quota e fino a profondità 20 metri è Tufo. A piazza Cavour all’altezza della fermata della Metropolitana linea storica Pozzuoli-Gianturco, fino a 4,20 metri è materiale da riporto, oltre e fino a 11,55 metri si tratta di Pozzolana; oltre questa quota ed ancora fino a 12,60 si incontra Pomice; al di sotto e fino a 16.30 metri di profondità vi è spesso un banco di Tufo grigio del 3° periodo; ed infine, al di sotto dei 16,30 metri e fino a profondità ancora da definire, finalmente il Tufo Giallo classico napoletano, il medesimo col quale è stata costruita gran parte della città prima greca e romana poi. L’ambiente di Via dei Vergini si presenta ricco e stratificato e nasconde sotto di sé resti primitivi di insediamenti religiosi sorti su sacelli di rito pagano occupati in seguito dai perseguitati dalla crisi Ariana, dai devoti fedeli alla chiesa cattolica di Roma ed ai resti delle attività ebdomadarie della chiesa locale. In superficie l’aspetto è sostanzialmente omogeneo grazie al rapporto di complementarietà che si è instaurato tra le emergenze monumentali e l’edilizia corale, pur tuttavia con una stentata rinascita popolare del quartiere, impedita se non altro, primariamente da un uso improprio degli spazi pubblici e da una sempre crescente dequalificazione della strada destinata a mercato, e che ormai ha raggiunto un carattere di tradizione tale da non poterlo più prescindere dalla funzione commerciale un tempo affidata in un locale appositamente fatto adibire.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Cesare Cundari Proposta di metodologia per disegnare, leggere, vedere il rilievo architettonico. La via dei Vergini nel centro storico di Napoli., Napoli, 1979, Napoli per il Centro Stampa Tagliafierro, 1979 10119577ds BNN distribuzione C 2041
(2) Fino alla seconda metà del XVI secolo borgo dei Vergini rappresentò per l’amministrazione della città di Napoli uno dei quattro punti n cui venivano esatte le gabelle, il che dice, spiega e conferma, che via dei Vergini dovette esser stata una delle vie di ingresso alla città da nord est e dunque, una delle vie di penetrazione interna. G. Russo, Napoli come città, Napoli 1966, pp. 217-220
(3) C. Celano, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli con note di G. B. Chiarini, ivi 1856-1860, vol. V. pagina 391
(4) I Carmigano sono ricordati come presenti in tutto il borgo dei Vergini al quale, via Vergini conduce e al quale la stessa strada ne conferisce l’intitolazione, ricordata appunto come sede della remotissima comunità dei Vergini, una comunità di soli uomini, detta, fratria e dedita alla castità.
(5) La faccenda delle tombe greche e romane in questa zona è avanzata da ipotesi di studio di Colonna che le osserva diramarsi tra l’uscita di Fuori Porta di San Gennaro fino all’interno della Valle dei Vergini. Scoperte di antichità in Napoli dal 1876 a tutto il 1897 ivi 1898, a conferma Bartolomeo Capasso Napoli greco-romana, ivi 1905, ed ancora: E. Gabrici Contributo archeologico alla topografia di Napoli, in Monumenti antichi, all’Accademia dei Lincei, XLI, 1951; Mario Napoli, Topografia e archeologia, in Storia di Napoli, ivi, vol. I, 1967. Altri ritrovamenti di cavità cultuali con pretese architettoniche furono rilevate anche al di sotto di Via Vergini: M. Ruggero, Scavi di antichità nelle province di Terraferma, Napoli 1888 ed anche in zona Cristallini come spiega G. De Petra in, Antico Ipogeo in Napoli, in Monumenti Antichi, cit. VII; 1898, ed infine per una panoramica testuale della valle degli ipogei si veda il lavori di R. De Stefano, Lineamenti di Storia Urbanistica, in Il Centro Antico di Napoli, ivi, 1971. Vol. I.
(6) V. Florio, Memorie istoriche o siano Annali napoletani dell’anno 1759, manoscritto raro presso la Società napoletana di Storia Patria al Maschio Angioino (par. 1); cfr., L. De La Ville – Sur Yllon, Il Largo delle Pigne, Foria e la Lava dei Vergini, in Napoli Nobilissima, 1900, IX, f. VII