Rione Luzzatti

Il rione Luzzatti a Napoli1 è ubicato in via Taddeo da Sessa, zona orientale della città, schermato dalle torri Enel e dagli edifici A4 e B1 del Centro Direzionale, laddove persistevano le antiche conche del Pasconcello affondate nella zona delle paludi napoletane, e poi fatte spostare sul fondo del lago del cratere di Agnano.

Il Luzzatti è l’unico isolato di marca razionalista presente in tutta la città risorta sotto il segno dell’edilizia popolare dell’ingegner Cosenza del 1946, ispirata ai disegni dell'edilizia di Napoli Fascista.

Ad angolo di Gianturco-Bussola, il Luzzatti si chiude con le Case popolari dette, rione della Bussola, già zona Gianturco.

Fu costruito, su progetto dell’ingegner Primicerio, tra il 1914 ed il 1925, patrocinato dall'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Napoli, anno in cui la città si avviava alla fascistizzazione nel nuovo assetto urbano moderno dotato della tecnica sofisticata del costruire e finanziato dall’Alto Commissariato prima del prefetto Castelli e poi di Pietro Baratono, in riscatto del piano fallimentare del Risorgimento economico del centro città datato 1904, ed infine esitato nella storica presentazione del PRG del 1925.

L'IACP, come già accaduto al patrimonio immobiliare di via Annamaria Ortese a Scampia, già nel lontano 1995 ritenne opportuno attuare iniziative volte ad assistere gli assegnatari di questi alloggi alla migrazione di proprietà nell'ambito della dismissione di circa 180.000 alloggi attuati in via definitiva nel 2001. Mentre invece, nel 2008 il decreto legislativo numero 62/08 ha introdotto nel codice dei Beni Culturali l'articolo 57/bis che regola l'alienazione, la valutazione e ulteriore assegnazione di locali ritenuti per legge beni pubblici di vetustà ultracinquantennale, sottoponendo per tanto gli stessi ad una pratica estenuante di valutabilità delle abitazioni oggetto della presente legge e quindi col blocco di interi lotti di pratiche.


Breve storia topografica del Rione Luzzatti.

Venne ampliato nel 1926 a conferma del progetto urbanistico, progettando per questo motivo un altro isolato ed una piazza a verde giusto per concludere il reticolo di strade interno al rione.

  • Il territorio disteso su cui si andrà a lavorare per l’edificazione del rione Luzzatti, interesserà un’area di 42 mila mq, 33 fabbricati per 698 alloggi complessivi di 2074 stanze, 46 negozi ed i lavatoi. Un primo ed ultimo ampliamento si registrerà per il rione tra il 1926 ed il 1929, contemporaneamente al rione Vittorio Emanule III di fronte al Carcere di Poggioreale, durante il quale, verranno aggiunti altri 6 edifici, per rispettivi 136 alloggi, per un sub totale di altre 389 stanze un asilo ed una scuola elementare. Il rione Luzzatti sarà di fatto l’unica opera di fondazione di grande respiro di tutto quanto il repertorio edilizio dell’IACP fino a quegli anni raggiunto, ed infatti esso è anche ricordato come un ripensamento morfologico del primo rione realizzato nella stessa zona e dallo stesso Istituto. ll rione Luzzatti resterà per almeno dieci anni, assieme al Duca d’Aosta ed il Miraglia-Nicola Amore a Fuorigrotta uno dei rioni di Napoli maggiormente disertato e, allorquando sarà preso in considerazione, la popolazione residente sarà rappresentata inizialmente dal ceto medio impiegatizio e non piuttosto dagli impiegati operai delle industrie del posto. Il progetto iniziale prevede una scacchiera di sei quadranti di 80 metri per lato e tutti simili tra loro, agganciati l’uno all’altro da un reticolo di strade larghe 10 metri. Ognuno degli isolati del rione Luzzatti è definito dalla presenza di otto edifici perimetrali attorno all’unica corte dalla quale irradiano gli ingressi alle palazzine, interrotti da costruzioni bassi, i quali, almeno sul disegno originario furono destinati agli esercizi commerciali.

Presentazione minima del Rione Luzzatti. 

Il rione si presenta fin dall’inizio attraverso un piano di presa con l’aspetto della città urbanizzata dalle case economiche, in linea con via Taddeo da Sessa, su cui affacciano edifici di quattro piani non oltre.

  • Gli edifici sorgono su un doppio corpo di fabbrica in tufo giallo napoletano, interpiano di quattro metri, al piano terra spazio per negozio ed eventualmente il rimessaggio, ed infine, gli scantinati sotto posti rialzati con volta a vela, tre alloggi per scala, dotati di cessi e balconi. Le decorazioni esterne si son limitate, almeno alla consegna dei lavori, solo da appena un accenno di bugnatura sui basamenti, una leggera sporgenza ammessa alle parti terminali e qualche cornice alle finestre. Al suo interno invece è stata attuata una maggiore presa a sfruttamento edilizio, distribuendo in maniera quasi del tutto irrazionale gli edifici a tipologia di palazzina di cinque piani, con corte ottenuta per l’eliminazione sul disegno di un edificio che l’occupava integralmente. Questo tipo di soluzione, ottimizzata all’ultimo minuto, sarà un merito che il regime fascista propaganderà in modo esasperante. Se ne avviò avviato un decoro borghese solo alla fine del primo ampliamento, proprio nel periodo di massimo splendore napoletano per il regime fascista, basato anzitutto sulla diminuzione dei fabbricati estratti dal progetto iniziale, sottolineando le dolci simmetrie architettoniche nelle curve dei loggiati che indirizzano nel fuoco visivo l’ingresso al complesso residenziale. Il nuovo isolato che ne sorgerà disporrà i sei edifici attorno ad una corte aggraziata dai giardini. Il tipo di edilizia non cambierà affatto, ma l’importanza delle facciate degli edifici, fossero questi, anche solo le case minime, diverrà per il regime il segno distintivo della loro politica di ammodernamento.

Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Sergio Stenti, Napoli Moderna. Città e case popolari. 1968-1980. Introduzone di Alberto Ferlenga. Napoli 1993 edizioni Clean BNN 2008 A 855, pagg 66-69 Altri contributi: 80 anni di edilizia a Napoli. Vedasi anche: Il finanziamento dell'edilizia economica e popolare. Leggi il PDF