Rione Vittorio Emanuele III Napoli

Il rione Vittorio Emanuele III a Napoli1, costruito nel 1910 col necessario proposito di continuare a guadagnare brani di periferia al centro storico della città2.

A rappresentatività accentuata, esso si trova nella zona orientale della città, a ridosso dell’agglomerato urbano Vasto-Arenaccia, con edificio ad angolo spuntato di fronte al primo muro di cinta del Carcere di Poggioreale,  tra via Nuova Poggioreale e via Giovanni Porzio, ai limiti del Corso Malta, limitrofo al rione Diaz.
Per l’esattezza furono case a destinazione popolare, ricombinate in case economiche, poi nuovamente modificate ed infine esteticamente sistemate a quel decoro borghese tanto aspirato.  

Il progetto iniziale previde un’area coperta  di 6957 mq, 11 edifici, 232 alloggi per 1600 persone ed 8 negozi; nel primo ampliamento del 1918 si aggiunsero altri 3 edifici, 295 stanze per  590 abitanti, altre 6 botteghe, i lavatoi pubblici fatti sparire nel secondo ampliamento del 1933, durante il quale, vennero accosti altri 4 edifici per 99 alloggi, 312 stanze ed un campo da gioco.

Fu costruito in assenza di piano urbanistico per la zona franca della città, progettando per essa un reticolo di strade larghe 10 metri, ai lati delle quali, riuscirono a farci stare quattro edifici, disposti a blocco, due palazzine e due edifici in linea, distanziati tra loro solo dalle medesime strade e quindi senza spazi propri. Una sorta di sfida progettuale dell’ingegnere Primicerio, direttore dell’Ufficio Tecnico  dell’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia che ne patrocinarono la costruzione assieme ai complessi edilizi Miraglia-Nicola Amore e Duca D’Aosta a Fuorigrotta ed il rione Luzzatti a Poggioreale.   

Ai margini del lotto verranno costruiti il lavatoio ed un immobile destinato all’accoglienza dei fanciulli da sottoporre agli esperimenti del metodo Montessori.
Col medesimo lavoro, il Primicerio proverà a dotare questa zona della città di edilizia a popolare a palazzina, studiando soluzioni che non contengano corridoi, quanto piuttosto l’uso promiscuo delle sale e delle latrine poste in un’alcova su loggetta esterna, aderente alle scale.
Stessa soluzione di sorta adottata dal Quaglia  per le case popolari a Sant’Erasmo e dal De Simone per il villaggio operaio ai Granili di San Giovanni a Teduccio.

L’isolato è composto figurativamente da due palazzine, 4 alloggi ogni piano, e da due edifici in linea tre alloggi per scala; gli alloggi più grandi e più soddisfacenti chiudono la cortina sulla strada. Questi furono progettati per uno spazio cucina più grande, sacrificando le loggette esterne, che comunque, chiudendo i due corpi di fabbrica con scale leggermente sporgenti, rappresentano l’elemento progettuale distintivo di tutti gli altri edifici.

Sono 4 edifici, piano terra rialzato, insediato da locali commerciali, avvolti in fasce orizzontali e la copertura in alto è garantita dal terrazzo.
Otto anni più tardi rispetto alla data di fondazione dell’isolato Vittorio Emanuele III, in seguito ad esproprio fondiario, l’Istituto avvierà il processo di trasformazione di un antico caseggiato riadattandolo a panificio, un lavatoio poi chiuso durante gli anni Quaranta del Novecento.

Nell’era napoletana del fascismo avverrà un primo ampliamento, dal quale se ne trarrà occasione per riordinare la povera architettura che caratterizza l’isolato, trasformandolo sulla base di decorazioni a cortina aperte direttamente sulla strada, verrà aumentata la cubatura, costruendo edifici di sei piani sui fianchi e sollevando i vecchi edifici di un piano abitabile, abbandonando tra l’altro, l’aspetto  di isolato popolare, ma, irriconoscibile, si presenterà ad architettura borghese, di marcato disegno del tipo storicistico; i cessi spariranno dalle loggette e sistemati uno per ogni alloggio, ed infine gli spazi interni dove avverrà la sistemazione di belle e ricche aiuole e di campetti di calcio per i bambini.


------------------------------------------------------------------

Spazio note

(1)Liberamente estratto da: Sergio Stenti, Napoli Moderna. Città e case popolari. 1968-1980. Introduzone di Alberto Ferlenga. Napoli 1993 edizioni Clean BNN 2008 A 855, pagg 66-69 Altri contributi: 80 anni di edilizia a Napoli. Vedasi anche: Il finanziamento dell'edilizia economica e popolare. Leggi il PDF
(2) Così trovato scritto in: Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Palazzo Cottrau-Ricciardi a piazza Amedeo, in: Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter BNN SC ARTE B 495/ter pagina 149 In testa alla recensione si sono fatti i seguenti riferimenti bibliografici: L Milone, (a cura di) L’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Napoli, Cenni storici Edilizia Popolare nn 7.9, 1956; Carlo Cocchia Aspetti dell’Edilizia popolare a Napoli Edilizia Popolare n. 17, 1957; P. Conca Una sintesi statistica dei primi cinquant’anni di vita dell’Istituto delle Case popolari di Napoli, Edilizia popolare n 17, 1957