Via Mezzocannone Napoli

È una strada del centro storico UNESCO di Napoli1, tirata dritta dall'incrocio del palazzo Corigliano angolo San Domenico Maggiore a Spaccanapoli e piazzetta Nilo fino al termine ultimo in discesa direzione Rettifilo.

Ha iniziato ad esistere come tale solo a partire dal 1850, presentandosi per tanto come risultato finale di un taglio effettuato al patrimonio immobiliare preesitente, specie nell'area della biblioteca Brancacciana e del monastero di Santa Maria di Donnaromita.

E' stata inclusa ai ruderi del centro antico assieme alle opere del Risanamento globale, ed il suo aspetto attuale quindi risale a lavori di ammodernamento data 1922 interrotti solo nel 1913 e 1920.

Nell'interesse generale dei piani urbanistici propri degli anni del primo risanamento della città di Napoli specie per i quartieri terrazzati del Pendino, via Mezzocannone fu voluta per connettere tra loro aree universitarie poste a differenti quote d'altezza. Furono queste, le nascenti sedi universitarie del vicino monastero di San Pietro Martire al borgo degli Orefici" ... a valle di San Pietro a Fusariello" con le Cliniche costruite invece sulle alture di Caponapoli.

E' assediata tutti i giorni dell'anno dalla popolazione studentesca universitaria che la frequenta in ragione degli studi accademici mentre le forme architettoniche in armonia con l'ambiente sono la chiesa di Sant'Angelo in Nido posta in alto, l'ex palazzo di Fabrizio Colonna al centro della discesa ed il costato occidentale della sede centrale dell'Università di Napoli che ne chiude il parametro sud.

Mentre a destra la discesa via Mezzocannone serve l'imbocco alla stretta del vico Pallonetto a Santa Chiara, le rampe del vico San Giovanni Maggiore Pignatelli, via Enrico De Marinis ed infine l'antica sederia del vico di Porto.


Storia minima di via Mezzocannone.

La quinta che l'accompagna in discesa verso il Rettifilo, visibile da piazza San Domenico, fu disegnata in continuità con l'ex scuola di Ingegneria.

  • Su questo lato della strada in forza della legge 4 aprile del 1912 via Mezzocannone fu allargata e sistemata altimetricamente fino a far sparire inglobando nel monastero di Santa Maria di Donnaromita vecchie fabbriche che insistevano sul lato della Biblioteca Brancacciana. E fu anche di quegli anni la rimozione dell'atrio che portava al chiostro piccolo del monastero, detto chiostro di Santa Lucia. E nell'interesse generale a cantiere ancora aperto si eseguì a quell'epoca la sopraelevazione di un ulteriore piano dell'anzidetto monastero adattato a facoltà di Ingegneria lato vico Orilia. La sistemazione di questo lato della strada iniziò nel 1913 ma i suoi lavori furono interrotti per il sopraggiungere della guerra, quindi ripresi nel 1920 furono ancora una volta interrotti e questa volta per mancanza di soldi. Nonostante le gravi difficoltà ostative del progetto, alle interruzioni fu comunque contrapposta una riuscita brillante dei lavori e quindi eseguite le opere di rifinitura del piano cantinato dell'anzidetto monastero, mentre del primo piano si fece a tempo per quegli anni a rifare la facciata del monastero secondo lo stile proprio dell'era moderna, il rivestimento del corpo di fabbrica centrale che fa da androne d'ingresso realizzato in pietra da taglio, contestualmente agli spazi da questo lato raggiungibili ed adeguato al ”Gabinetti di Elettrochimica e Chimica organica, Chimica tecnologica e inorganica, Architettura tecnica e, infine, la Sezione navale”2 . Si tratta dunque di una strada proposta in via definitiva con due quinte architettoniche assolutamente diverse ed opposte tra loro. Sul lato occidentale infatti si oppone una cortina edilizia di squisitissimo taglio architettonico ispirato fortemente alle forme del tardo eclettismo, comprensivo delle evoluzioni " ... del neorinascimentale nel neomanierismo", coi materiali utilizzati che furono la pietra ed il marmo onde connotare la strada da questo lato di uno stile ritenuto idoneo alla destinazione d'uso, e per equilibrarlo al contesto che per anni venne lasciato volutamente sciatto. Quanto piuttosto va ricordato che più di ogni altro aspetto storico, il progetto della sede centrale dell'Università di Napoli sta al centro della bonifica di tutta quanta la zona dov'è tracciata per intero via Mezzocannone. Il progetto della nuova sede centrale dell'Università di Napoli fu realizzato dagli ingegneri Meliurgo e Quaglia e terminato nel 1897, con l'appunto di adottare solai in cemento armato in luogo di quelli previsti in putrelle e voltine. Nel 1908 finiranno anche i lavori di restauro definitivo delle facciate su via Mezzocannone ed il vico Sant'Angiolillo. Nel triennio che va dal 1926 al 1929 furono aggiunti piani in altezza tra gli edifici della chiesa del Gesù Vecchio lato mare, ed il cortile settecentesco bislungo del collegio lato a sud, angolo via Orilia con via Mezzocannone. Un altro piano in altezza fu aggiunto in quel triennio, alle spalle del frontone principale, anche quest'ultimo, riorganizzato nelle forme neorinascimentali come tutt'oggi lo si osserva. Ed ancora in quei tre anni di intensa attività di ammodernamento dell'intero fabbricato fu risistemata la verticale dell'attuale ingresso al numero civico, 8 di via Mezzocannone, recuperando secondo le prammatiche della coeva architettura in coalizione con i dettati dell'urbanistica fascista il portale del vicinissimo Palazzo Colonna, mascherandone dunque l'ingresso da questo lato con forme cosiddette: ”tardogotiche”. Oltre l'androne di questo ingresso sempre di quell'epoca è la sistemazione dello scalone ed il nuovo piano inferiore servito dall'ascensore. Col crescere delle iscrizioni universitarie nel 1875, dai 2500 di dieci anni prima, ai quasi 5.000, l'allora rettore magnifico, Trinchese, si auspicò e si ottenne l'approvazione in sede di consiglio comunale la concessione di un importante somma di denaro per un altrettanto importante intervento di ampliamento della sede universitaria già presente sul posto e poco prospiciente proprio su via Mezzocannone. Sul fronte di via Mezzocannone alla stessa maniera su quello di Via Tari affaccia materiale edilizio della stessa specie di quello presente nella facciata principale della sede centrale dell'Università, con la sola differenza che su questi due versanti al corpo di fabbrica son stati aggiunti protiri tuscanici e si esprime alla maniera rinascimentale fino all'altezza dell'edificio che ospita il ”Centro Musei delle Scienze Naturali”, e ad esso associati le aule di mostra dedicate ai musei di Antropologia, Mineralogia e Zoologia. Dopo di che la parata edilizia di via Mezzocannone prosegue da questo lato nella direzione di Spaccanapoli mantenendo intatte le facciate originarie degli ex conventi.

Via Mezzocannone nei testi di Giancarlo Alisio.

La sistemazione di via Mezzocannone così come la si osserva oggi è un risultato raggiunto nel 1922 ma iniziato nel 1886 dalla Società per il Risanamento di Napoli.

  • Sono queste informazioni estratte da un documento di ricerca redatto e firmato dal professor Giancarlo Alisio sull'Università di Napoli, quando l'emerito si prese incarico di scoprire quale tra quelle oggi esistenti fosse stata la sede delle origini dell'Università napoletana. Il ricercatore precisa che la via già esistente nel 1886 si presentava meno sviluppata in lunghezza su territorio comunque accidentato di un lato del costone tufaceo noto come il Monterone e che molto prima che fosse stato rettificato il percorso lineare oggi conosciuto come il Rettifilo, via Mezzocannone finiva all'altezza di via Sedile di Porto contro una sorta di fondaco mai registrato al catasto ma che serviva si e no a coprire il fosso sotterraneo usato impropriamente dai bottegai di via Mezzocannone per raccogliere acque reflue provenienti dalle loro botteghe. Nel collettore ci finiva anche acqua che sgorgava da una fontana pubblica all'angolo con la medesima via Sedile di Porto, una fontana che per le bizzarre forme con cui fu creata, diede il nome alla stessa strada ”Mezzocannone” per indicare la precisa misura del beccuccio usato come cannuccia per versare acqua nella bacinella sottostante e proprio quella bacinella assieme al dispositivo ricreato per l'uso del rubinetto furono forgiati per ritrarre un uomo in difficoltà a stare in equilibrio, si presume forse un reale aragonese del Quattrocento napoletano, ma la cosa non è mai stata ben chiarita, in quanto, quella fontana fu rimossa proprio per l'allargamento di via Mezzocannone. Che tra l'altro, sempre quanto detto dallo stesso ricercatore, iniziò prima di tutto con lo sfettamento del palazzo dei Casacalenda su al confine con piazza San Domenico Maggiore ed in virtù propria della rettifica di via Mezzocannone, su suggerimento dell'allora capotecnico presso il Comune di Napoli, Adolfo Giambarba l contestuale allargamento della strada ebbe come proposito istituzionale proprio la diretta comunicazione tra il Rettifilo e piazza San Domenico Maggiore, quindi ne venne anche l'abbattimento del fondaco e l'allacciamento della strada al nascente Rettifilo. E proprio laddove vi era presente questa sorta di fondaco, allo spazio sgomberato venne a insinuarsi l'edificio in cui oggi si esercita l'insegnamento delle Scienze Naturali presso l'omonima aula nell'omonima facoltà.

Via Giuseppe Orilia già via dei Pidocchi.

Si tratta di una piccola stradina pressocchè poco lunga e molto stretta nativa del centro antico di Napoli, nascosta alla vista e praticamente mai battuta dal sole.

  • Lunga 89 metri, lievemente in pendenza est-ovest, collega tra loro via Mezzocannone con via Giovanni Paladino al Gesù Vecchio ed è particolarmente famosa per essersi chiamata fino al 1854, via dei Pidocchi, o anche trovato scritto in alcuni documenti via dei Pitacchi, ed ancora, Pitocchi. Per motivi di pubblica decenza fu poi rinominata via dell'Università subito dopo il 1854 ed infine dal 1926 in poi è stata dedicata a Giuseppe Orilia, rampollo di casa Orilia, famiglia nobile napoletana. Il toponimo così curioso è legato alla storia di questa stradina che in verità non ha mai avuto altra funzione se non quella di separare due immobili appartenuti a due diverse congregazioni napoletane, le suore basiliane del monastero di Santa Maria di Donnaromita ed il poderoso complesso immobiliare del Salvatore. Sembra così chiamarsi o almeno pare abbia iniziato ad esser chiamato vico dei Pidocchi per esser stato spesso insediato da venditori di mercanzia varia di alcun valore, cacciati e ricacciati ogni volta fino a che non abbiano poi trovata altra sistemazione. Altri invece mutuano questa definizione curiosa col fatto che pidocchi deriverebbe dal pitacchi, ovvero dalla forma architettonica delle gelosie poste alle finestre del monastero di Santa Maria di Donnaromita lato Monteverginella nel 1703 per opera dell'architetto, Domenico Barbuto e del capomastro Aniello De Marino. Le imposte di quella fatta comunemente erano insolite per un ambiente monastico che altrimenti alle finestre hanno sempre e solamente applicato grate.


Spazio note

(1) Liberamente estratto dal lavoro monografico della dottoranda DANIELA DE CRESCENZO tutor prof. arch. ANTONELLA DI LUGGO. in: GLI AUTORI, LE OPERE E LE TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE IL DISEGNO DI PROGETTO A NAPOLI DAL 1860 AL 1920. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II DOTTORATO DI RICERCA IN TECNOLOGIA DELL’ARCHITETTURA E RILIEVO E RAPPRESENTAZIONE DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE. Università degli Studi di Napoli Federico II Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente ciclo XXVI Coordinatore del Dottorato Mario Rosario Losasso Coordinatore di Indirizzo Riccardo Florio Collegio dei docenti ICAR/17 Jean François Cabestan Massimiliano Campi Mara Capone Raffaele Catuogno Antonella di Luggo Riccardo Florio Francesco Maglioccola Alessandra Pagliano Tutor Antonella di Luggo. Cfr: G. C. Alisio, Il Gesù Vecchio a Napoli, in ‹‹Napoli nobilissima ››, n. s. , V (1966), p. 211. Id., Storia e trasformazioni del complesso universitario di via Mezzocannone dalle fabbriche monastiche al nuovo edificio in corso Umberto, in Lo studio del rettore e i dipinti di Armando di Stefano, a cura di A. Fratta, Napoli 1995, pp. 47-68. Si veda pure sull’argomento M. Errichetti, L’antico Collegio Massimo dei Gesuiti a Napoli (1552–1806) in ‹‹ Campania Sacra››, n. 7, 1976, e A. Pinto, Il restauro della sede del Dipartimento di Diritto Romano e Storia della Scienza Romanistica nel complesso.del Salvatore, in ‹‹ Fridericiana››, II, 1991. 
(2) GIUSEPPE RUSSO, La scuola d’ingegneria in Napoli. 1811-1967, ivi, 1967, p. 177.