Atrio chiesa San Domenico a Spaccanapoli

San Domenico Maggiore a Spaccanapoli risulta esser stato il più antico dei ginnasi napoletani1 costruito nei sette anni tra il 1284 fino al 1291. Dunque annessa al patrimonio immobiliare antico da tutelare secondo le norme prescritte dal Fondo Edifici di Culto.

La sua storia coincide con la fondazione delle altre due erigende basiliche di medesime dimensioni e medesima importanza, Santa Chiara e Sant'Agostino alla Zecca, con le quali, condivide la nascita dello studium generale per l'insegnamento della teologia a Napoli. 

Tuttavia, conseguentemente ad altre ricerche, emerge che in quest'ambiente fu insegnato anche Medicina Giurisprudenza2 ed l professor Gianclarlo Alisio nelle sue indagini sulle origini della sede universitaria della Federico II di Napoli ai tempi del regno di Carlo I d'Angiò intercetta la storia dello studium di teologia ospitato nel convento di questa basilica, ricordando le origini prima benedettine del grandioso complesso dei Predicatori di Napoli ed ancor prima anche quelle basiliane fino al 1116.

Una storia naturale che come tutti sanno coinvolse persino il destino di San Gregorio Armeno.


San Domenico Maggiore ed il suo atrio di ingresso lato vico San Domenico. 

Continua ancora, lo studioso, furono i domenicani ad ottenere dal regnante i finanziamenti necessari ad edificare il magnifico complesso che fu poi San Domenico Maggiore.

  • Attrezzato, scrive il ricercatore, per ospitare un gran numero di studenti e che si estendeva da piazza San Domenico a Via Tribunali, molto oltre piazzetta Miraglia, fino a confinare col convento di San Pietro a Majella ripiegava quindi su via San Sebastiano. Uno spazio occupato da edifici che ospitavano le celle dei monaci professi solenni e quelli semplici, lo spazio per le aule studio, gli auditorium per le congregazioni, le biblioteche, i giardini, i refettori, i dormitori, le foresterie, i magazzini, i granai, le farmacie, definendo un cotesto urbano molto esteso e riservato ad un solo Ordine conventuale, un profilo di cittadella religiosa unica nell'Europa del Trecento. Per quanto riguarda l'atrio principale della basilica lato vico San Domenico lo si è sfruttato per erigere la forma architettonica a quinta barocca del pronao d'ingresso alla basilica stretto tra le due cupole minori delle cappelle, ma, in questa sede ciò che maggiormente conta è il medesimo cortile sul quale affacciano ancora oggi gli antichi edifici ossatura portante della storia di questo magnifico complesso. Una buona e fedele descrizione è custodita in un libro finito l'8 aprile del 1641, oggi presso i Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli, dal titolo eloquente di Dell'antico ginnasio napoletano. Opera postuma di Pietro Lasena. Dedicata all'eminentissimo et reverendissimo signor Carlo di Barberino. Con l'imprimatur di Francesco Maria, cardinal Brancaccio3. Lo scrivente La Sena indica l'atrio di ingresso a San Domenico come in origine dedicato alla sosta studenti perchè ivi vi erano due edifici dedicati allo studio. L'autore del testo scrive che nel cortile vi erano due volte terrene, al di sopra delle quali, Ettore Carafa, conte di Ruvo ebbe fatto costruire in bell'ordine una serie di stanze per accogliere i frati Domenicani infermi; le volte di cui scrisse l'autore del testo formavano a loro volta tre stanze, due delle quali, con finestre ricavate nel muro di mezzogiorno, quindi con affaccio dirimpetto al tempio vennero usate per praticare l'insegnamento della grammatica greca ed il diritto canonico. Mentre una terza stanza con affaccio a oriente verso l'interno fu assegnata per la cattedra degli artisti.





Spazio note

(1) P. Lasena, Dell’antico ginnasio napoletano, Napoli, 1688.
(2) G.Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, Napoli 1788 (ristampa 1989), II, p.30.
(3) Qui il testo su Google Libri.