Zona dell'Orsolone Napoli

L'Orsolone è una zona di Napoli, antichissima proprietà Chartusiensis1 ” … solitaria e boschereccia”, situata in alto sulla collina dei Camaldoli, poco più sopra del comparto urbano tradizionalmente noto come Cappella Cangiani

È un'area molto estesa dalla perduta suggestione ambientale ed insediata dal poderoso complesso ospedaliero, Vincenzo Monaldi, l'ex Sanatorio Principe di Piemonte.

È rimasta per secoli taciuta alla didattica, alla ricerca e alla mappatura casalese della collina per cui spesso è stata confusamente indicata come zona Santa Croce, ma quest'ultima, secondo le ricerche di Franco Schiattarella servite per descrivere la parrocchia di Santa Croce, era distinta sia come zona che come casale vero e proprio.

Il Chiarito uno dei maggiori studiosi dei casali di Napoli non ne fa cenno alcuno sull'Orsolone allorquando pubblica le sue ricerche sui casali di collina, il Giustiniani invece nel 1804 lo indica appena come un villaggio fuori le mura ed appare poco chiaro circa il numero esatto dei suoi abitanti. La confusione tra l'Orsolone e la zona Santa Croce è perdurata anche dopo il 1811, data che lo vide incorporare al quartiere napoletano dell'Avvocata. Alla fine, solo dopo un lungo iter amministrativo terminato nel 1831, la Gran Corte dei Conti ammise l'esistenza del territorio Orsolone come casale autonomo inglobandolo secondo legge del 1816 ai Comuni Riunti di Polvica e Chiaiano.

Sulla sua superficie, senza realizzare un vero e proprio reticolo viario, solcano percorsi tracciati in epoca moderna sui pochi preesistenti per facilitare l'ascesa al colle più alto dal basso dell'Arenella e dal Vomero. È detta Orsolone poichè, questo nome, Orsolone è il nome dato all'imponente caseggiato che si vedeva all'incrocio delle strade maestre di via da Orsolone dei Guantati e strada di via da Orsolone a Santa Croce, poi abbattuto per esigenze di spazio sul territorio per la fortificazione delle opere d'architettura fascista, 1920, 1939, dalle quali, presero forma i due complessi ospedalieri.


Il Salone, la Sala della Meridiana e la chiesa piccola dell'Orsolone.

Dell'edificio che oggi non esiste più ne dà un resoconto molto dettagliato e fedele all'originale Giuseppe Paradiso.

  • Soffermandosi sul fatto che fosse stato per davvero una costruzione importante al punto da svolgere oltre che alla funzione di granaio certosino, ma anche come punto di veduta sul panorama circostante, e di punto di raccolta per l'eremitaggio e di punto di raccolta per sosta dei reali della famiglia Borbone, ogni qualvolta questi facessero visita ai padri Camaldolesi. Dev'essersi quindi trattato anche di un monastero, non citato come tale sulle mappe antiche, ma pur sempre con questa funzione negli anni delle descrizioni che se ne fecero quand'era ancora in piedi. Infatti, la struttura ospitava in sé la cosiddetta, Sala della Meridiana, un salone per gli incontri ed una chiesa. Il salone fu per altro brevemente descritto da Giuseppe Paradiso come una stanza grande e quadrata, tutta stonacata quando l'ebbe visitata, trovandoci manco gli infissi alle finestre e delle nicchie alle pareti con dentro incassati i ritratti dei baroni della città che furono ognuno proprietario a suo tempo del manufatto medesimo. Sarebbero stati secondo la sua testimonianza circa dieci ritratti e di scarso valore artistico. La Sala della Meridiana, era detta per la presenza nel vano di un antico orologio non meccanico, ma solare, presentandosi, dunque, con una lunga meridiana incisa a terra sul pavimento, disegnata da un tale che rispondeva al nome e cognome di Rocco Bivio, di casa Scilla, ordinatogli da un tal Martin Ciancio, cartusiense, ovvero, Certosino, così come sta scritto medesimo medesimo sulla lamina di ferro posta dentro ad una piccola nicchietta a muro tra i segni dello zodiaco, posti alla fine del pavimento laddove terminava pure la meridiana del pavimento. Per quanto riguarda la sua chiesa interna si che questa misurava 4,00 metri per soli 5,00, piuttosto piccola, una sorta di cappella più che altro, affrescata alle pareti ed alla volta anche se al momento della descrizione l'autore del documento dichiara di averla trovata tutta quanta imbiancata di fresco. La volta della cappellina o che chiesa dir si voglia, per vecchiezza dovette crollare, pur mostrando evidente il disegno architettonico di una volta a sesto di botte delle specie legnosa del Settecento. Al centro, ancora in essere, al momento del racconto, parte di un dipinto su tela, assai deturpato dall'umidità e che pareva ritrarre una Trasfigurazione. Agli angoli della mutata chiesa nel racconto del Paradiso dovettero esserci stati avanzi di fronti di colonne e l'altare molto antico era in legno dipinto, conservato molto male, al di qua e al di là di due finestrette molto allungate sormontate da teste di angeli con funzione di candelabri per illuminare l'ambiente attorno alla mensa, che misurava due metri ed il suo paliotto si apriva a due battenti mostrando scaffalature interne per la sistemazione e conservazione degli arredi sacri necessari all'ufficio di culto. Si tratta di un manufatto di impronta agricola-religiosa chiaramente identificabile per tipologia edilizia di tutto l'impianto, ma anche per l'immancabile presenza del pozzo per l'acqua nel cortile, sul quale, è inciso lo stemma dei monaci, consistente nell'anagramma, C.A.R., tutto sormontato da una T, stante ad indicare il termine, Cathusia, ovvero, materiale di proprietà della certosa2 Nel ventesimo secolo si sa dalle raccolte di Giuseppe Paradiso, che il suo ultimo proprietario fu un tale, Salonne, gentiluomo di corte, ex-militare, di stanza in quel di Napoli per accompagnare il passaggio del manufatto alla sua terza generazione. Che si sia trattata di una proprietà della Real Certosa di San Martino è appurato da una certificazione estratta dall'Inventario di tutte le scritture dell'Archivio della Reale Certosa di San Martino per le grance di Pianura, Campana, Orsolone e Marano, scritto, portato a compimento nel 1769 e dato per la stampa dal dottor, don Vincenzo Pirozzi. Il quale segna anche altre proprietà della certosa nel circondario sopra e sotto i Camaldoli, come per esempio, la selva e la masseria della Canocchia di Santa Croce, il molino e la grancia dell'Orsolone ed infine e non ultimo, la Masseria Nuova.

L'Orsolone appare per la prima volta nella storia di Napoli nel 1575.

Con precisazione che appare per la prima volta nella storia critica della città di Napoli per mano del notaio Giovan Battista Bassi, firmatario di un documento di compravendita.

  • Il documento, in custodia all'Archivio di Stato di Napoli, presso il monastero dei Santi Severino e Sossio, è stato firmato nel 1575, col quale, il notaio medesimo certifica l'assenso che dà il beneficiato di Sant'Angelo de Molfsis ai Certosini camaldolesi circa l'acquisto del terreno, detta, la masseria nova, per la quale, gli spettano 17 ducati di censo all'anno e 100 ducati per il laudemio, ovvero, il diritto di costo sul mutamento della persona proprietaria di un bene immobile stipulato per esser tale per un periodo relativamente inestinguibile3. Altro documento è quello del perito Gallarano, spesso rintracciato in ricerche pregresse, anche per altri argomenti trattati, e qui, in questo caso, egli rileva l'apprezzo del terreno all'Orsolone ad uso di masseria con manufatti gestiti dal Magnifico Domenico Caprile, specie nell'area di pertinenza alla Villa della Canocchia, accosta alla parrocchia di Santa Croce. Il documento continua descrivendo a parole secondo l'uso dell'epoca di esprimersi i vari passaggi che hanno interessato il manufatto e la nuda proprietà nota col termine, Orsolone, indicando sul confine della tramontana con la via pubblica, che fiancheggia il lungo tratto sulle proprietà esposte al sole di levante proprietà dei magnifici Alessandro Pertiniello ed Ippolito Romano, anche loro, Chartosiani, ovvero, Certosini. Ugualmente, dalle pagine di questo documento se ne estrae un attenta disamina dello stato interno dell'immobile, come anche sul davanti, dove si parla di una cisterna d'acqua capace di contenerne non molta, un lavatoio, un beveratoio, tutti indizi che finiranno per suggerire anche senza fonti testamentarie l'uso agricolo che se ne è fatto e dell'immobile e del terreno tutto intorno, un terreno in pendenza sul monte, con figura quadrilatera sulle mappe, tutto arbustato da cima a valle, vitato d'uve c'è scritto sul documento, da marciare, rosse da vendemmiare, seppur per un vino comunque di sapore discreto; e poi sul monte vi sono frutti per ogni stagione, fichi pochi, ma, si legge, esquisiti, poi vi sono ” … poche querce riservate solo al padrone” ed infine, non va dimenticato l'importante compito dei boschi di Castagni cedui, che in questo settore alto della collina hanno mantenuto fresco il clima d'estate e hanno prodotto legna sufficiente durante gli inverni. Altri studi che hanno approfondito la vita nella storia di questo comparto urbano è il fascio quattro del documento dal titolo: Banno per li territori di San Martino. Si tratta di una prammatica emessa dai Certosini durante l'esercizio temporale dei propri diritti immobiliari i forza del possesso del manufatto, di questo e di altri ancora sul territorio. La prescrizione vieta il passaggio per queste terre a tutti quelli che si sarebbero dovuti portare giù all'Arenella, a Santa Croce all'Orsolone, e in tutte le masserie e le selve del monastero, né a piedi, né a cavallo, né per tagliare legna, né per strappare frutti agli alberi, né pascolare o far pascolare qualsiasi tipo di bestia, né per andare a caccia, a ritiro, ” … a pernottare, acquare, farvi travi, guastare siepi, scavar fossi, cogliere herbe meravigliose e non far altri danni nei quali si incorre alla pena di ducati cento ed in qualche caso pure la carcerazione ipso facto.”

Brevissima storia dell'Orsolone ai Camaldoli.

Presso la Società Napoletana di Storia Patria al Maschio Angioino esiste un documento del 1759 che narra di alcune vicende capitate da queste parti.

  • Si tratta più nello specifico di un resoconto degli annali napoletani del 1759, manoscritto ed autografato da Vincenzo Florio che lo stampa inedito ed in due volumi, e donato alla suddetta società dagli eredi del signor Muricoffre. La Società che l'ebbe ricevuto in dono lo pubblicò tra le memorie storiche dell'anno 19204. il documento racconta amabilmente di una visita su all'Orsolone fatta da re Ferdinando IV di Borbone, il 2 settembre, 1777, in onore del priore camaldolese al quale, il regnante volle consegnare personalmente il suo gradito omaggio, ”... standovici fino all'ora più tarda del giorno”. Più di tutto, però, ciò che aumenta l'interesse per i due opuscoli sono l'amabilissima descrizione che si fa del luogo, a quell'epoca, indubbiamente più che in epoche recenti. incantato dall'intricato bosco che l'ammantava e ne nascondeva la preziosa selvaggina. Scrive il Florio che nonostante fosse molto faticoso raggiungere questi luoghi, la gente ispirata dalla, c'è scritto proprio così: ”devozione per l'orrore della solitudine”, saliva al colle per esser ben ripagata dalla fatica godendo del panorama sul circondario delle colline vicine e del mare lontano fino a coprire la costa di Pozzuoli. In cappella anche un set di dipinti per educare i praticanti alle storie sacre; ai lati dell'altare due pitture incorniciate nel legno ed incastonate nello stucco, ritraevano una Fuga in Egitto ed una Natività, a destra e a sinistra della pala d'altare dipinto del Settecento, d'autore ignoto, ritraente una Madonna delle Grazie. Sopra alla porta di ingresso, l'autore dei volumi ci scorge ed annota la presenza di tre altri piccoli dipinti, sembra, lui scrive, raccontino della vita di San Martino, come non sarebbe potuto esser altrimenti.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo: Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line.
Vedasi anche: Testo a stampa (moderno) Monografia Descrizione Santa Croce ai Camaldoli, Napoli : 1688-1988 : ieri, oggi, domani / a cura di P. Camillo Degetto [S.l.] : C. Degetto, stampa 1988 (Napoli : LAC) 119 p. : ill. ; 30 cm. Codice SBN BVE0116697 Autore secondario Degetto, Camillo Soggettario Firenze NAPOLI - Chiesa S.Croce ad Orsolone. Editori C. Degetto Anno pubblicazione 1988. BNN distribuzione. Collocazione: 1998  D 0047
(2) App. Doc.: ASNa, Corporazioni religiose soppresse, vol. 2063. Di questo inventario sono stati ritrovati ancora presenti in Archivio di Stato le seguenti carte: 127; 141; 161; 173; 195; 205. Di queste sono state trascritte la 195 relativamente agli incartamenti del Banno del 1715 e il Borrone di Memoriale.
(3) App. Doc.: ASNa, Corporazioni religiose soppresse, volume 2309, fasc. 7, n. 2.
(4) Cfr. Archivio Storico per le Provincie Napoletane, anno 1920, volume XXX, fascicolo IV, p. 44.